Taylor e il Taylorismo: efficace anche nella pratica medica?

Frederick Taylor è considerato il fondatore della teoria della gestione scientifica riguardo i processi produttivi. Ingegnere meccanico di Filadelfia, vissuto fra il XIX e il XX secolo, Taylor era convinto che per ogni lavoro esistesse un modo migliore di tutti gli altri, per essere svolto, sul piano del tempo di realizzazione, con un importante miglioramento sia dell’efficacia sia dell’efficienza del sistema produttivo stesso. Da queste premesse Taylor propose i criteri per individuare i migliori protocolli per l’esecuzione di un lavoro, tanto che sosteneva che se “in passato l’uomo veniva per primo”, nel futuro “per primo verrà [e varrà, ndt] il sistema”.
Nel campo della Medicina moderna il taylorismo ha prodotto conseguenze positive e negative, allo stesso tempo. Iniziamo da queste ultime.
La durata di una visita medica è stata stabilita in modo aprioristico, indicando un tempo massimo, così come sono stati strutturati questionari in formato elettronico per raccogliere la storia clinica di un Paziente. Se da un lato in questo modo viene ottimizzato il tempo, dall’altra parte sostanzialmente toglie al rapporto fra Medico e Paziente quella metodologia di indagine nota come “Medicina Narrativa”. Anche i tempi di ricovero sono stati progressivamente ridotti per il contenimento dei costi di degenza, anche se i processi biologici di stabilizzazione e di guarigione non possono essere ridotti oltre un certo limite – limite che coincide con un rischio clinico che non può essere sottovalutato. Dunque seguendo pedissequamente il Taylorismo, il Medico rischia di non svolgere il proprio lavoro nel modo migliore non solo sul piano clinico, ma anche su quello umano e relazionale (quest’ultimo, fondamentale aspetto: dalla raccolta dei dati anamnestici alla comprensione delle aspettative e dei timori del Paziente, dal follow-up clinico allo sviluppo dell’alleanza terapeutica che si rivela essere sempre più importante).
L’applicazione dei principi del Taylorismo ha prodotto, nel contempo, enormi vantaggi sul piano diagnostico e terapeutico d’urgenza. Ad esempio, se si pone attenzione ai protocolli di intervento cardiovascolare (infarto del miocardio) e neurologico (ictus ischemici ed emorragici) è di tutta evidenza che l’ottimizzazione – e soprattutto la velocizzazione – dei tempi di diagnosi e di cura abbia contribuito a porre diagnosi immediate così come ad intervenire positivamente nel giro di pochi minuti.
I Medici possono essere letteralmente ossessionati dal contingentamento degli orari, mentre i Pazienti hanno necessità – e diritto – ad avere un consulto tanto esaustivo quanto soddisfacente sul piano personale ed umano. Il Sistema offre tecnologie e trattamenti sempre più veloci per la salvaguardia di una vita e per la prevenzione di un danno altrimenti irreversibile e fatale.
Questa sostanziale dicotomia deve trovare un punto di incontro – diverso fra Paziente e Paziente. In altre parole, il Taylorismo non può essere applicato in modo indistinto e, per chiosare queste brevi note, nel caso specifico dell’Arte Medica, Taylor non aveva ragione: è l’individuo, e non il sistema, che deve essere collocato al primo posto.

Pain Nursing Magazine 2016; 5: 11
DOI: 10.19190/PNM2016.1ed11

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The role of the nurse in interdisciplinary chronic pain management

ABSTRACT
The article begins with a brief history of pain models, concentrating on the development from dualistic models (based on somatogenic or psychogenic origins of pain) to biopsychosocial approaches. It further describes the background of the development of biopsychosocial models of pain, which set the framework for the modern concept of an interdisciplinary chronic pain treatment. The second part of the article briefly reviews and discusses the main components of an interdisciplinary pain management programme and the important role of the nurse in the team. The article finally emphasises education in nursing, which should follow an interdisciplinary approach to pain management.
KEY WORDS: interdisciplinary management, models of pain, nurse, pain team.

Received: March 24, 2016
Accepted after revision: April 27, 2016
Pain Nursing Magazine 2016: 5: 12-16
DOI: DOI: 10.19190/PNM/2016.1eo12 >/p>

RIASSUNTO
Dopo una breve storia dei modelli di dolore, concentrandosi sullo sviluppo dai modelli dualistici (che si basano sull’origine somatogena o psicogena del dolore) agli approcci biopsicosociali, l’articolo descrive il background per lo sviluppo dei modelli biopsicosociali di dolore, delineando il contesto che ha portato al moderno concetto di trattamento interdisciplinare del dolore cronico. La seconda parte dell’articolo esamina brevemente e discute il programma di gestione interdisciplinare del dolore e l’importante ruolo dell’infermiere. Si sottolinea infine come la formazione infermieristica per la gestione del dolore dovrebbe ispirarsi a un approccio interdisciplinare.
PAROLE CHIAVE: gestione interdisciplinare, infermiere, modelli di dolore, pain team.

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La valutazione del dolore nel paziente adulto con diagnosi di disabilità intellettiva: validazione di uno strumento

RIASSUNTO
Introduzione: le persone affette da disabilità intellettiva presentano un elevato rischio di provare dolore. A causa della ridotta capacità di comunicare, spesso il sintomo non viene adeguatamente rilevato o trattato. La valutazione del dolore in queste persone si basa esclusivamente sull’utilizzo di scale osservazionali; la Revised FLACC, già testata in italiano su pazienti pediatrici, sembra promettente anche in questa popolazione.
Scopo: l’obiettivo di questa tesi è quello di validare la versione italiana della scala Revised FLACC, su pazienti adulti affetti da disabilità intellettiva grave.
Metodi: studio osservazionale prospettico, con somministrazione delle scale Revised FLACC e PAINAD, su un campione di convenienza costituito da 77 pazienti, con diagnosi di Disabilità Intellettiva ricoverati presso l’Istituto Sacra Famiglia di Cesano Boscone.
Risultati: utilizzando i dati raccolti con le rilevazioni, sono state calcolate la consistenza interna (alfa=0.81), la validità concorrente (rho=0.76, p<0.0001), l’affidabilità intervalutatore (rho=0.95, p<0.0001), la sensibilità e la specificità (rispettivamente 100% e 73%) e infine la stabilità test retest, che non ha evidenziato differenze statisticamente significative.
Conclusioni: l’analisi di affidabilità dello strumento ha riportato risultati soddisfacenti. Tali esiti dimostrano quindi che la scala Revised FLACC è uno strumento valido che può certamente essere d’aiuto nella pratica clinica.
PAROLE CHIAVE: disabilità intellettiva, valutazione dolore, Revised FLACC

Ricevuto il: 15 aprile 2016
Accettato il: 23 aprile 2016
Pain Nursing Magazine 2016; 5: 17-21
DOI: 10.19190/PNM2016.1ao17

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La valutazione del dolore negli anziani con deterioramento cognitivo mediante l’impiego della scala PAINAD: studio osservazionale in due case residenza

RIASSUNTO
Obiettivo: indagare i fattori che hanno influenzato la gestione del dolore nei pazienti geriatrici con deficit cognitivo valutati con scala PAINAD.
Materiali e metodi: studio osservazionale retrospettivo condotto nel biennio 2014-15 attraverso la documentazione sanitaria degli ospiti di due strutture residenziali della Regione Emilia Romagna, Italia.
Risultati: un campione di 25 ospiti è stato reclutato per un totale di 152 schede PAINAD compilate.
Conclusione: nonostante la provata efficacia della PAINAD la gestione del dolore è ben lungi dall’essere risolta. Lo studio sottolinea la centralità dell’infermiere nella gestione del dolore, la necessità di percorsi formativi interdisciplinari e ipotizza la necessità di una rivisitazione della legislazione ai fine della miglioramento della qualità dell’assistenza infermieristica.

PAROLE CHIAVE: dolore cronico, dolore acuto, gestione del dolore, scale di valutazione del dolore, assistenza infermieristica.

Ricevuto: 17 marzo 2016
Accettato dopo revisione: 2 aprile 2016
Pain Nursing Magazine 2016; 5: 22-28
DOI: 10.19190/PNM2016.1ao22

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Strumenti e metodi di accertamento del dolore in Terapia Intensiva: indagine in 173 unità Italiane

RIASSUNTO
Introduzione: il dolore è un problema rilevante in terapia intensiva. Il primo passo per una corretta gestione è la sua valutazione. Il monitoraggio di parametri fisiologici e la valutazione delle risposte comportamentali agli stimoli dolorosi sono stati proposti già da molti anni per l’accertamento della presenza di dolore nel paziente critico.
Materiali e metodi: è stata condotta un’indagine osservazionale trasversale coinvolgendo le terapie intensive (TI) italiane aderenti al Gruppo Italiano per la Valutazione degli Interventi in Terapia Intensiva (GiViTi), con la richiesta di documentare con quali strumenti o metodi di accertamento viene valutato il dolore nella propria unità operativa. Abbiamo a priori definito come adeguato l’utilizzo delle scale Behavioral Pain Scale e Critical-Care Pain Observation Tool.
Risultati: 173 TI hanno accettato di partecipare all’indagine. L’utilizzo di scale idonee a valutare il dolore nei pazienti durante ventilazione meccanica risulta abituale solo nel 24% delle rispondenti. Il 55% delle TI utilizza solo scale soggettive quantitative (VAS o NRS), mentre il restante 21% utilizza solo scale soggettive o si basa su i parametri vitali per la valutazione del dolore.
Discussione: nei pazienti che non sono in grado di esprimere il livello di dolore percepito, la Behavioral Pain Scale o la Critical-Care Pain Observation Tool consentono un’affidabile valutazione di dimostrata efficacia. Tuttavia nel contesto delle TI che hanno risposto alla nostra indagine l’utilizzo di tali scale di valutazione risulta limitato.
Conclusioni: Nelle TI italiane è ad oggi ancora scarso l’utilizzo di scale oggettive non verbali per la valutazione del dolore in pazienti sottoposti a ventilazione meccanica.
PAROLE CHIAVE: dolore, terapia intensiva, valutazione.

Ricevuto il 27 luglio 2015
Accettato dopo revisione il 28 aprile 2016
Pain Nursing Magazine 2016; 5: 29-34
DOI: 10.19190/PNM2016.1ao29

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