Differenze biologiche, sessuali e di genere nella percezione del dolore: analisi della letteratura

Introduzione

Chiunque può essere affetto da dolore, acuto o cronico, senza distinzione di età, sesso, razza, livello economico (1): potremmo definire il dolore come un problema di salute globale.
Il dolore, in particolare quello cronico, presenta differenze significative tra i due sessi dal punto di vista epidemiologico (2), rispetto alle risposte ai trattamenti (outcome assistenziali), all’uso dei farmaci analgesici ed al potenziale aumento del rischio degli effetti collaterali indesiderati e alla dipendenza (3).
Numerosi studi fanno emergere come il dolore continua a essere un problema di salute pubblica a tutt’oggi non adeguatamente valutato e sottotrattato, anche in relazione al sesso del paziente e ad altre variabili, quali razza, etnia, età. Tali variabili possono diventare fonti di discriminazione (4-6).
I termini sesso e genere non sono sinonimi né tantomeno intercambiabili: il sesso esprime l’identità biologica oggettiva di una persona, legata alla presenza delle differenze cromosomiche e degli organi genitali, mentre il genere definisce la differenza psicosociale, come caratteristica relativa alla propria soggettività e percezione (7,8).

Le differenze psico-biologiche tra i sessi alla base della percezione del dolore

L’attenzione alla diversa percezione del dolore tra i sessi è abbastanza recente. In letteratura innumerevoli ricercatori hanno studiato e descritto le peculiari differenze biologiche e psicologiche tra i due sessi, relativamente al dolore e che possono essere riassunte sinteticamente come segue (9):

  1. Psicologiche: sono inclusi differenti stati psicologici o strategie che possono essere utilizzati per modulare l’esperienza del dolore, tra i quali la rabbia (10), l’ansia e la sensibilità, la paura, il catastrophizing (percezione negativa delle credenze relative al dolore), il coping (11), l’auto-efficacia ed il controllo percepito.
  2. Biologico-ormonali: l’influenza ormonale delle gonadi sulle differenze sessuali è di grande interesse, anche se supportata da un limitato numero di studi (12); alcuni di questi studi descrivono un ruolo possibile legato alla differenza ormonale tra i due sessi. Gli estro-progestinici e gli androgeni possono modulare il sistema nervoso relativamente al dolore ed all’analgesia (13,14). Il quadro che emerge suggerisce che le basi biologiche di queste differenze nella percezione del dolore, risiedono nella regolamentazione dell’attività degli estrogeni e del progesterone sul SNC e nella risposta comportamentale per gli stimoli infiammatori persistenti nel dolore cronico. Una revisione della letteratura mostra che la tolleranza, la sensitività e la soglia del dolore nelle donne, è variabile in base al ciclo mestruale (15,16). Per alcuni le sindromi dolorose in sede articolare, il dolore cronico diffuso e la fibromialgia, sono più alti, in termini di prevalenza, nelle donne nel periodo post-menopausale (17), inoltre gli stessi ormoni corticosteroidei agiscono sulla specifica fisiologia del dolore (18). Questa differenza tra maschi e femmine è probabilmente dovuta alla loro diversa esposizione agli ormoni sessuali in tutti i periodi della vita (19).
  3. Biologico-neurotrasmettitoriali e neurochimiche: le differenze tra i sessi sono correlate ai neurotrasmettitori e ai loro recettori, come quelli dell’adenosina, dei cannabinoidi mimetici (20), all’espressione delle citochine (21), i canali del K+ (ione potassio) e molti altri. Interessanti studi descrivono un importante ruolo delle cellule gliali del midollo spinale, le quali sarebbero intrinsecamente coinvolte nelle vie di segnalazione cellula-cellula che producono dolore cronico (22). Di particolare interesse, inoltre, sembrano avere la vitamina D e gli acidi grassi Omega-3. Entrambi possiedono potenti effetti anti-infiammatori e sebbene utilizzati come integratori alimentari, influenzano le citochine, i leucotrieni ed i percorsi delle prostaglandine, garantendo un particolare beneficio nel dolore cronico delle donne con disturbi infiammatori e alcuni trial valutano proprio questo potenziale ruolo antinocicettivo (23). Altre spiegazioni sono identificabili nei meccanismi neurochimici, oltre a differenze tra i sessi dal punto di vista qualitativo del mesencefalo, del midollo spinale e dell’afferente primario: attualmente sembrano le motivazioni più ampiamente documentate (24).
  4. Genetiche: recentemente si è arrivati ad ipotizzare che degli effetti genetici diretti sono possibili. Il dolore, infatti, potrebbe essere influenzato dai geni presenti sul cromosoma Y, da inattivazione dei geni X-linked, impressi nelle forme alleliche (25). Inoltre sono state trovate differenze tra i sessi all’interno del citocromo P450, famiglia di enzimi coinvolti nel metabolismo sia dei farmaci, sia delle sostanze endogene (26).
  5. Esperienziali: interessanti spiegazioni della diversa percezione del dolore tra i sessi, sono legate all’esperienza, quali l’abuso (27) o la storia familiare (28).
  6. Socio-culturali: differenze socioculturali sono presenti tra uomini e donne, tra cui le differenze di ruoli, di genere e le aspettative del ruolo legate al genere (29).

Differenze di risposta in base al sesso possono essere osservate utilizzando particolari modalità di stimolazione algogena. Uno dei meccanismi inibitori discendenti che modulano l’elaborazione del dolore a livello del midollo spinale è definito “diffuse noxious inhibitory control” (DNIC), in cui l’attività del dolore segnalata nei neuroni del corno dorsale spinale e nei nuclei del trigemino, è attenuata in risposta a stimoli nocicettivi applicati a una zona remota del corpo. L’effetto DNIC nell’uomo è di solito studiato misurando l’intensità del dolore percepito per una breve fase “test stimolo” prima, durante e talvolta dopo applicazione di una noxa nocicettiva “condizionamento”, stimolando una zona anatomicamente remota del corpo. Il DNIC è dato dall’osservazione di una ridotta intensità del dolore percepito dallo stimolo. Tuttavia, le analisi pesate delle soglie trovate col sistema DNIC, sono più efficienti nei maschi. Le differenze di genere dipendono sia dalla metodologia sperimentale, sia dalla modalità di misurazione dell’effetto (30). Altri studi, infatti, dimostrano la non significativa differenza tra maschio e femmina nella valutazione DNIC analgesia (31).
In particolare una meta-analisi ha descritto che le differenze di sesso sono state trovate, relativamente alla soglia di tolleranza del dolore alla stimolazione algogena, sia per pressione sia per stimolazione elettrica, mentre si è dimostrata meno significativa la differenza tra i sessi per stimoli dolorosi di natura termica (32). Sebbene la caratterizzazione delle differenze tra i sessi nel dolore viscerale richieda molti studi ancora, per un numero limitato di studi pubblicati una soglia del dolore più bassa alla distensione esofagea è stata dimostrata nelle femmine (33), mentre gli studi di stimolazione rettale non hanno mostrato alcuna differenza tra i sessi (34), ma con soglie più elevate nelle donne in buona salute (35). Innumerevoli studi in laboratorio su donne e uomini sani sono stati condotti (1998-2008) per valutare le differenze legate al sesso relativamente alla percezione del dolore, ma nessuna conclusione coerente può essere fatta, in quanto sebbene il fenomeno venga descritto rispetto alle differenze tra i due sessi circa la sensibilità al dolore, non sono ancora ben chiari quali siano i meccanismi in grado di spiegare queste differenze in ambito clinico (36).
Per quanto riguarda alcuni studi realizzati mettendo in rapporto dolore e identità di genere, è emerso che gli uomini che si identificavano col genere maschile avevano una maggiore tolleranza allo stimolo doloroso rispetto a quelli che si identificavano col genere femminile. Non vi erano differenze tra bassa identificazione di genere tra uomini e donne (37).
Per quanto riguarda il rapporto fra trattamenti e differenza di genere, emerge che possono esistere differenze nella risposta agli interventi terapeutici interdisciplinari al dolore, con risposte diverse in termini di risultati e di miglioramenti funzionali tra i sessi. Sembra che le donne non rispondano ai successivi tre mesi di trattamento sia in termini di efficacia terapeutica, sia in termini di distress; diversamente dal sesso maschile, in cui si evidenzia una significativa riduzione della sintomatologia dolorosa (38).
Per quanto le ragioni alla base delle differenze tra i due sessi siano ancora da studiare, nella gestione del dolore è necessario discutere se le differenze legate al sesso abbiano implicazioni differenti. Diviene pertanto prioritario comprendere:
– quali condizioni portano differenze nell’esperienza del dolore e delle risposte rispetto al sesso e al genere;
– quali sono i meccanismi alla base di queste differenze;
– come queste differenze possono contribuire a migliorare la gestione clinica del dolore (39) e delle complicanze dei trattamenti.

Altre differenze tra i sessi

In letteratura è descritto come il sesso femminile, per condizioni non solo legate al dolore, ha maggiore probabilità di richiedere cure sanitarie rispetto ai maschi (40), riferisce una maggiore intensità e una più bassa soglia del dolore e una minore tolleranza agli stimoli algogeni (41). Altri studi invece, non dimostrano questa significativa differenza tra i sessi (38,42,43), in particolare sulla percezione negativa relativa al dolore (catastrophizing), che sembra leggermente più alta nei maschi, senza significatività in termini di intensità del dolore percepito ed interferenza sulle attività di vita tra i due sessi (44). Il catastrophizing rappresenta un interessante predittore di quanto il dolore è in grado di interferire sulla persona e su come agisce sulle attività psicosociali (45). È noto come il ruolo femminile è associato allo stereotipo di una maggiore disponibilità a segnalare il dolore, mentre il ruolo maschile è più stoico, appunto adiaforico, indifferente alla realtà (46). Anche se innumerevoli studi descrivono tale modello, non sono sempre in grado di spiegarne i risultati e misurarne gli stessi esiti (47).
In letteratura emerge come le donne hanno maggiore probabilità di essere affette da dolore cronico (48-54) e di riportare una intensità maggiore in termini di frequenza e di multi-localizzazione rispetto agli uomini (55-58). Una revisione della letteratura ha fatto emergere che le donne sono maggiormente affette da dolore persistente rispetto agli uomini, con più probabilità di riportare dolore di una durata più lunga (59). Uno studio di revisione ha evidenziato come le donne mostrino una maggiore intensità e sensibilità al dolore, unita ad una tolleranza inferiore rispetto agli uomini, inoltre, hanno una maggiore capacità di discriminare i diversi livelli di dolore (60).
Uno studio ha dimostrato la variabilità nella gestione del dolore cronico prima della sua valutazione in un centro di cura terziario del dolore: in particolare le donne avevano ricevuto una gestione del dolore meno adeguata, ricevendo meno farmaci antidolorifici rispetto agli uomini per analoga età. Tuttavia, non ci sono differenze di genere nella soddisfazione rispetto alle cure ricevute nella gestione del dolore (61).
I risultati di un altro studio (62) suggeriscono diverse differenze di sesso tra gli esiti al trattamento multidisciplinare del dolore. Le donne hanno mostrato, dopo un trattamento, una migliore capacità di ripristino delle attività di vita quotidiana (AVQ) rispetto ai maschi. Al contrario, invece l’intensità del dolore si è notevolmente ridotta tra i maschi trattati, ma non tra il sesso femminile, che sembra essere stato “refrattario” in termini di riduzione della sintomatologia algica. Uno studio precedente, avente come obiettivo misurazione e analisi delle componenti di un programma di riabilitazione, ha mostrato miglioramenti più consistenti, in termini di qualità delle attività quotidiane e di salute, per le donne rispetto agli uomini e non sono state osservate differenze tra i due sessi circa il miglioramento della sintomatologia dolorosa. Si ipotizza che le donne possano aver impiegato modalità adattive ed innumerevoli strategie di coping al dolore rispetto agli uomini, con conseguente maggior beneficio del trattamento ricevuto (63); inoltre, sono state ritrovate differenze, nella risposta al trattamento analgesico tra i due sessi, per quanto riguarda l’uso degli oppioidi: una recente meta-analisi ha concluso che, in ambito clinico, la morfina è moderatamente più efficace nelle donne che negli uomini (in gran parte controllata dal paziente), tuttavia studi sperimentali mostrano che il quadro diventa molto meno chiaro per altri μ-oppiacei, soprattutto per quelli con azione mista μ e κ- recettori (butorfanolo, pentazocina e nalbufina) (64).
Oltre alla variabile sesso, si può considerare interessante il ruolo sociale del genere, che potrebbe spiegare i motivi per cui sussistano differenze tra maschi e femmine nel rapporto tra stato d’animo/umore e relativa disabilità nel dolore. Nelle femmine, infatti, vi è una maggiore convinzione che esiste un legame fra sintomi di depressione e dolore e generalmente non sono accettati nella stessa maniera dal sesso maschile. Tale differenza di ruoli di genere può anche avere un impatto sulla condotta degli operatori sanitari circa il trattamento fornito ai due sessi, con una maggiore disponibilità a prescrivere farmaci anti-depressivi alle donne, rafforzando così il legame tra depressione e dolore nel sesso femminile (65). Dal punto di vista epidemiologico, è interessante notare come la differenza sociale dell’uomo e della donna può influenzare la percezione del dolore tra i due sessi, in particolare quando i ruoli sociale ed occupazionale sono diversi e possono influenzare non solo la percezione, ma anche il mantenimento di una sintomatologia dolorosa (66,67).

Conclusioni

In una società moderna, che cerca di mettere allo stesso livello i due sessi in diversi ambiti come nel mondo del lavoro, nella tutela dei diritti e nella vita sociale delle persone, le differenze sessuali e di genere sono elementi che caratterizzano le persone e che definiscono sfere di diversità sia di espressione biologica (sesso), sia di riconoscimento sociale (genere). Tali aspetti non possono essere sottovalutati da coloro che si offrono professionalmente a tutela e garanzia del diritto alla salute. Sesso e genere sono elementi che rientrano nell’assistenza globale (olistica) alla persona, in cui aspetti biologici, vissuto personale e percezione del sé, possono notevolmente cambiare l’orientamento sia valutativo del dolore (magari tra un decennio scopriremo strumenti di valutazione dell’intensità per sesso e per genere), sia dei suoi trattamenti e dove la standardizzazione degli approcci terapeutici non può essere l’unica soluzione terapeutica. In questa visione, il rispetto della diversità biologica e di genere possono costituire un nuovo modello orientato ad ogni singolo cittadino.

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