La valutazione del dolore negli anziani con deterioramento cognitivo mediante l’impiego della scala PAINAD: studio osservazionale in due case residenza

Introduzione
Il dolore è definito come una spiacevole esperienza emotiva e sensoriale legata a un attuale o potenziale danno tessutale (1) che non manca di avere una elevata incidenza nella popolazione geriatrica (2). A prescindere dall’età, per convenzione si definisce paziente geriatrico un malato anziano che presenta: perdita di autosufficienza, pluripatologia e almeno 1 delle 5 sindromi geriatriche definite dalla Società Americana di Geriatria. Tali sindromi sono: sindrome ipocinetica, sindrome dementigena, incontinenza urinaria/fecale, instabilità nella marcia con rischio di caduta, rischio di eventi avversi da farmaci (3).
È accertato che la trasmissione dell’impulso dolorifico nell’anziano non differisce in modo sostanziale da quella del giovane e dell’adulto; il sistema somato-sensoriale dell’anziano rimane sostanzialmente preservato nella senescenza (2), pertanto la somministrazione della terapia analgesica non richiede una particolare moderazione ed oculatezza negli anziani (3). È altrettanto dimostrato però che la terapia con analgesici è influenzata da molteplici variabili fisiopatologiche e cliniche che caratterizzano il paziente geriatrico: comorbilità, polifarmacoterapia, riduzione delle riserve funzionali, perdita dell’autosufficienza (3).
L’alta prevalenza di pazienti con decadimento cognitivo rende particolarmente difficoltoso l’approccio algologico classico, inapplicabile nei pazienti affetti da demenza, sempre più spesso ricoverati nei reparti ospedalieri e assolutamente preponderanti nella popolazione anziana delle Case Residenza (4). Nel paziente geriatrico la misurazione del dolore attraverso apposite scale risulterebbe essere il modello più raccomandato e diffuso nell’approccio terapeutico (5); tale sistema non richiederebbe da parte del valutatore particolari competenze algologiche. Tuttavia la capacità da parte dell’operatore di rilevare la presenza o meno di dolore nell’anziano, è un problema molto frequente, soprattutto nei pazienti che manifestano un decadimento cognitivo. Risulta pertanto un sintomo sottovalutato, sotto diagnosticato e sotto trattato perché viene difficilmente riferito (6) a causa del deficit di espressione verbale.
La difficoltà dei pazienti con demenza ad esprimere il proprio dolore, si ripercuote inevitabilmente sulla assistenza ricevuta; questi anziani hanno più probabilità di non ricevere un trattamento analgesico adeguato, rispetto ai coetanei che sono cognitivamente integri (7). La valutazione e la codificazione del dolore nel paziente affetto da decadimento cognitivo quindi, costituiscono le “core competencies” dell’infermiere che coadiuvato dall’operatore assistenziale è responsabile di una gestione appropriata del dolore (8). Storti et al. passano in rassegna le scale più conosciute per l’accertamento del dolore nel paziente anziano affetto da decadimento cognitivo (7). Questi strumenti sono la Pain Assesment in Advanced Dementia (PAINAD), la Abbey Pain Scale, la Non Comunicative Patient’s Pain Assesment Instrument (NOPPAIN), la Discomfort Scale Dementia of Alzheimer Type (DS-DAT), la Doloplus 2, la Brief Pain Inventory (BPI) e la McGill Pain Questionnaire (MPQ).
La scala PAINAD ideata nel 2003 (9) e resa disponibile in italiano nel 2007 (10) viene utilizzata nei malati con deterioramento cognitivo severo per i quali non è utilizzabile la scala numerica (11).
La PAINAD, come tutte le scale, promuove la misurazione indiretta dell’intensità del dolore anche nei casi in cui il paziente non sia in grado di riferirlo verbalmente. È importante distinguere un’alterazione del comportamento abitualmente manifestato dal paziente da un comportamento con il quale potrebbe svelare la presenza di dolore, risultano pertanto fondamentali per un corretto trattamento la conoscenza del paziente e/o le informazioni fornite dai “caregivers” (7).
Lo studio ha l’obiettivo di indagare i fattori che hanno influenzato la gestione del dolore nei pazienti con deterioramento cognitivo nelle realtà organizzative oggetto d’indagine.

Materiali e metodi
È stato condotto uno studio osservazionale retrospettivo attraverso la documentazione sanitaria degli ospiti di due strutture residenziali della Regione Emilia Romagna.
La raccolta dati è avvenuta attraverso la consultazione della Cartella Socio Sanitaria ed ha avuto per oggetto l’età, le patologie in atto, la terapia analgesica, l’indice di valutazione del dolore calcolato mediante PAINAD (7), il Breve Indice di Non Autosufficienza (BINA) (12) e l’indice della valutazione dello stato mentale/cognitivo calcolato attraverso la Mini Mental State Examination, (MMSE) (13).
Le Case Residenza per Anziani non Autosufficienti (CRA) coinvolte nello studio sono due. La struttura A ospita stabilmente 92 anziani non autosufficienti suddivisi su tre nuclei assistenziali rispettivamente di 32, 35 e 31 posti letto e impiega un coordinatore responsabile di struttura, un medico di medicina generale, un responsabile delle attività sanitarie, 3 responsabili delle attività assistenziali, 42 operatori socio sanitari, 8 infermieri, 2 fisioterapisti, 2 animatori ed altro personale ausiliario e di supporto.
La struttura B ha una capacità ricettiva totale di 66 ospiti ripartiti anch’essi su 3 nuclei assistenziali. Il personale impegnato nelle attività di assistenza è composto da un coordinatore responsabile di struttura, un medico di medicina generale, una psicologa, un responsabile delle attività sanitarie, 18 operatori socio sanitari, 9 infermieri, 1 fisioterapista, 1 animatore.
I periodi considerati nello studio vanno da gennaio 2014 a maggio 2015 (17 mesi) nella struttura A e da luglio 2014 a dicembre 2014 (5 mesi) nella struttura B.
Gli strumenti utilizzati per la raccolta dati sono stati la Cartella Socio Sanitaria, la PAINAD, l’MMSE e il BINA. Il BINA e l’MMSE sono stati impiegati al fine di valutare eventuali correlazioni con l’indice PAINAD.
I dati sono stati raccolti attraverso Excel di Office, l’analisi statistica è stata condotta con il programma SPSS vers. demo. Sono state eseguite analisi con il t-test sui campioni indipendenti e con l’ANOVA per identificare le differenze significative. La statistica è stata di tipo descrittivo, calcolando la media e le deviazioni standard delle variabili cardinali chiave con un I.C. del 95%. Le variabili categoriali sono state calcolate attraverso la tavola di contingenza, e le differenze sono state rilevate attraverso il Chi-quadrato. Il coefficiente di correlazione di Pearson ha permesso di determinare le relazioni tra alcune variabili studiate (14).

Risultati
Lo studio ha coinvolto complessivamente 25 utenti, 16 (64%) ospiti nella struttura A e 9 (36%) ospiti nella struttura B. Le caratteristiche anagrafiche, le funzioni cognitive dei pazienti inclusi nella ricerca non differiscono significativamente nelle case residenziali. Le donne rappresentano il 60% (n = 15) del campione e l’età media degli ospiti è di 84.28 anni (DS = 6.911). L’impiego della MMSE ha permesso di identificare le aree/competenze in cui i pazienti si sono rivelati maggiormente deficitari; la classe 5 è risultata essere predominante (60%, n = 15), seguita dalla classe 3 (28%, n = 7) e infine la classe 4 con il 12% (n = 3) dell’intero campione.
Le rilevazioni totali su schede PAINAD sono state 152, il 52% (n = 79) nella residenza A e il 48% (n = 73) in quella B. La somma dei valori delle schede PAINAD relativi ad entrambe le strutture non ha evidenziato differenze significative dato che la media è stata di 5.59 (DS = 1.411) (P = .373). Il t – test contrariamente ha evidenziato differenze circa la somma dei punteggi della BINA; difatti la struttura A ha un punteggio medio più alto (μ = 758.1, DS = 64.23) rispetto a quella B (μ = 713.8, DS = 60.4) (t = 4.368, P = <.001).
I dati sono stati raccolti dal personale sanitario (infermieri, fisioterapisti) e dagli Operatori Socio Sanitari (OSS). Relativamente alla PAINAD, i modelli organizzativi delle due strutture prevedono che nella struttura A la raccolta dati è stata effettuata per un 82.3% (n = 65) da OSS, per un 16.5% (n = 13) da infermieri e per un 0.2% (n = 1) da fisioterapisti, mentre nell’organizzazione B tutte le 73 rilevazioni sono state effettuate dagli OSS (X² = 14.249, P = .001).
Mettendo in relazione i dati raccolti dagli operatori nelle CRA con la successiva somministrazione (Gruppo 1) o non somministrazione (Gruppo 2) della terapia, il calcolo non parametrico, prova una differenza. Infatti, escludendo l’unica rilevazione dei fisioterapisti, sono gli infermieri per un 53.8% (n = 7) delle proprie rilevazioni a procedere con la terapia antidolorifica. Al contrario solamente il 23.9% (n = 33) delle rilevazioni eseguite dagli OSS hanno portato alla somministrazione di terapia antalgica (X² = 8.129, P = <.050) (Tabella 1).

Tabella 1 - Esiti del processo decisionale rispetto al profilo del rilevatore della PAINAD.
Tabella 1 – Esiti del processo decisionale rispetto al profilo del rilevatore della PAINAD.

Per quanto riguarda l’impiego della terapia del dolore nelle due strutture socio sanitarie, non si evidenziano differenze significative e ben nel 73% dei casi (n = 111) si preferisce non intervenire farmacologicamente (P = 398).
Mettendo in relazione l’età dei pazienti e la eventuale necessità di praticare antidolorifici, l’analisi parametrica non messo in risalto elementi significativi di differenza; i soggetti per i quali si è fatto ricorso alla terapia farmacologica avevano una età media di 85.83 (P = .064).
Nella tabella 2 viene comparato il tipo di dolore (acuto/cronico) e il successivo esito del processo decisionale. Fra le rilevazioni effettuate dal personale delle strutture e la relativa scelta circa l’effettuazione della terapia, non si evidenziano differenze significative sia per gli infermieri che per gli OSS. Tuttavia nelle rilevazioni effettuate sia dagli infermieri che dagli Operatori Socio Sanitari, più dell’80% dei pazienti con dolore cronico viene trattato con analgesici, a differenza del dolore acuto nel quale il range degli ospiti trattati varia dal 40%, quando il dato è stato raccolto dal personale infermieristico, al 57.9% quando la rilevazione è stata effettuata dal personale di supporto. Il calcolo non parametrico ha inoltre provato che solo il 19.1% (n = 21) contro l’80.9% (n = 89) dei pazienti a cui viene rilevato il dolore all’ingresso con la PAINAD, vengono sottoposti a terapia farmacologica dopo valutazione per lo più effettuata dagli OSS (99%, n = 110).

Tabella 2 - Esiti del processo decisionale rispetto al tipo del dolore rilevato con la PAINAD.
Tabella 2 – Esiti del processo decisionale rispetto al tipo del dolore rilevato con la PAINAD.

Nella tabella 3, vengono messe in relazione le caratteristiche degli ospiti a cui è stata praticata terapia analgesica in base ai domini della PAINAD. Dai risultati si evince una differenza significativa nei domini della vocalizzazione, nel linguaggio del corpo e nella consolazione. Sull’area della vocalizzazione i soggetti che hanno assunto farmaci antidolorifici presentano per il 73.2% occasionali lamenti, saltuarie espressioni negative (point = 1) (X² = 20.235, P = <.001), sull’area che esplora il linguaggio del corpo nel 90.2% i soggetti si presentano tesi, con movimenti nervosi e irrequietezza (point = 1) (X² = 7.128, P = <.050) e sull’area della consolazione il 65.9% del campione si presenta distratto o rassicurato a voce o tocco (point = 1) (X² = 7.880, P = <.050).

Tabella 3 - Esiti del processo decisionale rispetto ai domini della PAINAD ( * P = <.05, ** P = <.01).
Tabella 3 – Esiti del processo decisionale rispetto ai domini della PAINAD ( * P = <.05, ** P = <.01).

Mettendo in relazione il punteggio complessivo del BINA con la scelta di procedere o meno a terapia antidolorifica, il t-test non ha evidenziato differenze statisticamente significative fra il 1° gruppo (μ = 728.29, DS = 89.66) e il 2° gruppo (μ = 742.16, DS = 46.22) (t = -1.246, P = .215). Tuttavia nella tabella 4, emergono alcune differenze all’interno degli item sanitari ed assistenziali.

Tabella 4 - Esiti del processo decisionale rispetto ai domini della BINA.
Tabella 4 – Esiti del processo decisionale rispetto ai domini della BINA (* P = <.05, ** P = <.01).

Nell’area sanitaria, sono i pazienti soggetti a medicazioni chirurgiche con un punteggio medio di 61.22 (DS = 32.34) ad aver ricevuto farmaci analgesici, contro un punteggio medio di 24.77 (DS = 28.44) dei pazienti a cui non è stata somministrata terapia antidolorifica (t = 6.753, P = <.010). Nell’item che riguarda la necessità di prestazioni sanitarie il fenomeno si inverte, è il campione che non ha assunto analgesici ad aver totalizzato un punteggio medio alto di 95.5 (DS = 16.33) contro μ = 60 (DS = 39.74) dei soggetti del 1° gruppo (t = -7.819, P = <.010). Nell’area assistenziale, nell’item dei disturbi comportamentali, sono i pazienti del secondo gruppo ad aver evidenziato un valore medio di 95.05 (DS = 9.42) contro il primo gruppo (µ = 79.27, DS = 4.68) (t = 10.244, P =<.010). Sulla funzione del linguaggio e della comunicazione, è il primo gruppo ad avere totalizzato il punteggio medio più alto (μ = 78.05, DS = 19.77) contro un valore del secondo gruppo di 70.09 (t = 2.168, P = .032).

Tabella 5 - Matrice di correlazione di Pearson.
Tabella 5 – Matrice di correlazione di Pearson.

Nella tabella 5 è rappresentata la matrice di correlazione di Pearson per le variabili età, MMSE, PAINAD e BINA. Dall’analisi emerge che l’età correla negativamente con l’MMSE e PAINAD ma positivamente con la BINA.

Discussione
La rilevazione del dolore nelle due strutture eseguita con la scheda PAINAD, indicata dalla regione per i pazienti con deterioramento cognitivo severo, per i quali non è somministrabile una scala numerica (9), sembrerebbe fornire risultati in parte efficaci a supporto del processo decisionale volto o meno alla somministrazione della terapia antalgica.
Infatti è emerso che il personale infermieristico che effettua la rilevazione del dolore con la PAINAD fornisce un’equa risposta con interventi farmacologici (53,8%) e azioni distrattive (46.2%), diversamente la risposta assistenziale cambia se il dato lo rileva l’OSS. In quest’ultimo caso l’infermiere provvede nel 76.1% dei casi ad erogare interventi distrattivi alternativi alla terapia farmacologica.
Per quanto riguarda invece il binomio dolore – terapia, quest’ultima è stata praticata per lo più sul paziente con dolore cronico. Questo risultato potrebbe essere imputato ad una ridotta autonomia dell’infermiere che ricorre ad una terapia già impostata dal medico nei pazienti con dolore cronico, a discapito di interventi farmacologici contingenti al dolore in acuto nel quale il professionista, in assenza del medico, preferisce ricorrere di primo acchito ad interventi alternativi di carattere distraente.
Questi dati dovrebbero indurre a riflettere sulla difficoltà di integrazione dei campi di azione dei professionisti sanitari e del personale tecnico e a considerare come l’assetto organizzativo possa comportare risposte assistenziali disomogenee e talvolta inefficaci. Le azioni intraprese sembrano per lo più legate ad una approfondita conoscenza delle caratteristiche globali del paziente, rispetto ai verosimili eventi in acuto. Il BINA infatti, dimostra che le azioni non farmacologiche hanno interessato i pazienti con un punteggio medio elevato (95.50/100) nell’item che esplora la necessità degli stessi a ricorrere alle prestazioni sanitarie. Questo quindi, potrebbe comportare una sottostimata valutazione del dolore come sostenuto da Hadjistavropoulos (6).
Dalla lettura dei dati emerge che il punteggio complessivo del BINA non condiziona la decisione suggerita dall’impiego della scheda PAINAD circa la somministrazione o meno della terapia antidolorifica, tuttavia il “Breve Indice di Non Autosufficienza” contribuisce a definire un profilo dei pazienti legittimando l’agire dell’infermiere su piano clinico-procedurale. Infatti, analizzando ogni item del BINA, si evince che i pazienti totalizzanti un punteggio medio di 61.22/100, sono soggetti a medicazioni e a terapia analgesica. Questo dato potrebbe confermare la tendenza degli operatori sanitari ad assumere un atteggiamento farmacologicamente più disinvolto nei confronti di pazienti che hanno già in essere un percorso con intervento antalgico al bisogno.
La misurazione indiretta dell’intensità del dolore mediante l’utilizzo di una scala osservazionale, obbliga il personale sanitario a dover distinguere un disturbo del comportamento abitualmente manifestato dall’anziano, da un comportamento che potrebbe manifestare la presenza di dolore (7). Le manifestazioni del comportamento che sono sembrate più utili ai fini del processo decisionale fra i domini della PAINAD sono: la vocalizzazione, il linguaggio del corpo e la consolazione.
La matrice di correlazione conferma le caratteristiche del paziente geriatrico (3), evidenziando una relazione diretta fra età e BINA e un rapporto negativo fra età e MMSE. L’indice di Pearson prova altresì una relazione negativa fra età e PAINAD, valorizza le tesi di Hadjistavropoulos e di Sorti et al. ad ulteriore riprova della difficoltà nel rilevare il dolore nelle persone con decadimento cognitivo e delle ripercussioni negative che questa può comportare sulla qualità dell’assistenza, soprattutto negli eventi acuti (6,7). Quest’ultimo limite assistenziale è stato anche provato direttamente dal “Breve Indice di Non Autosufficienza”, infatti è sui pazienti con disturbi comportamentali con una media di punteggio alto (95.05/100) l’infermiere ha scelto di non ricorrere alla terapia farmacologica.
Analizzando la decisione scaturente dalla valutazione del dolore, emergono ulteriori limiti nella appropriata gestione antalgica nel paziente in casa residenza, infatti il processo decisionale sembra condizionato dall’attitudine degli operatori sanitari e socio sanitari (OSS), a dare poca importanza ai segni e ai sintomi del dolore nei pazienti con demenza. La terapia infatti viene somministrata con molta cautela nei pazienti che accedono per la prima volta nelle strutture e nel dolore acuto. È ragionevole pensare che all’ingresso gli operatori sanitari non conoscendo l’anziano o non avendo informazioni adeguate durante la presa in carico siano indotti a prendere decisioni che potrebbero non rivelarsi corrette, come ad esempio somministrare il farmaco ad un anziano con problemi cognitivi ma che non ha dolore. Oppure al contrario, è possibile interpretare i dati supponendo che impostata una terapia del dolore efficace al momento dell’ingresso, il personale non osservi ulteriori segni di dolore nei giorni a seguire. Infatti emerge che gli operatori sanitari sono portati a somministrare un farmaco in presenza di dolore cronico con una prescrizione medica, oppure come ha dimostrato la BINA, in presenza di una patologia che determina dolore (p.es. lesione da compressione), indipendentemente dall’intensità del sintomo.

Conclusioni
La gestione dolore nel paziente geriatrico con deficit cognitivo rappresenta un problema altamente incidente nelle realtà oggetto di indagine ben lungi dall’essere risolto.
I dati raccolti evidenziano che nonostante la provata efficacia della PAINAD il personale infermieristico ricorre con estrema cautela alla terapia antalgica in assenza di una approfondita conoscenza della storia sanitaria dell’utente e delle relative dinamiche comportamentali.
Il fenomeno si accentua nella gestione del dolore acuto a causa della ridotta autonomia professionale dell’infermiere che lo spinge in prima istanza all’adozione di pratiche basate sull’impiego di azioni distraenti
La netta differenza in termini di ricorso alla terapia antalgica a seconda della figura professionale che utilizza la PAINAD (infermiere o OSS) suggerisce la necessità di ulteriori ed approfonditi studi in proposito al fine di comprenderne le ragioni. La ridotta dimensione del campione costituisce un limite dello studio e suggerisce cautela nell’avanzare ipotesi risolutive al problema.
Ciononostante è ipotizzabile che l’adozione di percorsi formativi condivisi possa contribuire a limitare l’incidenza del fenomeno e a favorire una integrazione delle distinte figure operanti all’interno del sistema sanitario con un ragionevole possibile incremento della qualità delle cure.
Dallo studio emerge inoltre l’impossibilità da parte del personale infermieristico di trattare con prontezza ed efficacia pazienti affetti da dolore acuto in assenza di prescrizione medica.
La replicazione dello studio mediante il reclutamento di un campione più rappresentativo potrebbe permettere di confermare la necessità di una rivisitazione dell’attuale normativa che riconosca al personale infermieristico adeguatamente formato la possibilità di ricorrere alla terapia antalgica nei pazienti lungodegenti in caso di dolore acuto in assenza di prescrizione medica anche attraverso protocolli a valenza diagnostico-terapeutica. 

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