Il controllo del dolore nelle ferite difficili: approccio multimodale

Introduzione

Il dolore non trattato influenza negativamente la guarigione delle ferite e ha un impatto negativo sulla qualità della vita dei pazienti. Tale aspetto impone un efficace controllo del dolore principalmente in quelle fasi in cui le cause del dolore possono essere ancora adeguatamente trattate. Comprendere i meccanismi fisiologici del dolore, quindi il loro rapporto con le ferite croniche,  consente al  personale sanitario  di  garantire  una  corretta assistenza  e  migliorare  la qualità della vita dei pazienti. Il dolore da ferita difficile può essere ben gestito mediante la vantaggiosa scelta di un’accurata valutazione antalgica e chirurgica, di una medicazione idonea, di una appropriata terapia specifica delle ferite, nonché di un trattamento individualizzato con analgesici. La misurazione del dolore dà ai pazienti un senso di accuratezza, nelle fasi preliminari di cura, di una presa in carico della difficile condizione in cui versano e ha un effetto positivo sulla capacità   dei   soggetti   di   far   fronte   alla   malattia.   La   gestione   del   dolore   deve   tendere all’attenuazione  dell’impatto  deturpante  che  le  feriti  difficili  hanno  sul  corpo  del  paziente, dell’onere  psicologico  complessivo  sui  familiari  che  assistono  queste persone,  degli  aspetti generali e specifici che compromettono la qualità della vita dei pazienti. Sono tutti elementi cruciali, che non devono e non possono essere sottovalutati, in quanto questi pazienti sono facilmente  vittima  di sentimenti  negativi  quali  rabbia,  frustrazione  e  umore  depresso che aggravano il quadro clinico (1).
Un efficace programma di trattamento del dolore è una componente fondamentale nella gestione delle ulcere. Il principio più importante, da rispettare in questo ambito, è quello di ascoltare il paziente soprattutto per quanto riguarda il disagio associato alla sostituzione della medicazione e alla sua individuale necessità di assumere antidolorifici. Questo è il fondamento di una puntuale pianificazione terapeutica di tipo analgesico. La scelta del trattamento non può prescindere, cioè, dalla qualità e dall’intensità del dolore, dall’analisi dello stadio dell’ulcera e del suo momento etiopatogenetico, dallo stato psichico ed emotivo del paziente, tenendo conto delle condizioni cliniche generali e del contesto sociale in cui vive.

Epidemiologia

L’ulcera, essendo una condizione a genesi multifattoriale, che ha una storia naturale verso la cronicizzazione, viene trattata in diversi reparti ospedalieri e da figure mediche specialistiche. I pazienti generalmente vanno incontro a numerose degenze e dimissioni e seguirli nel tempo non sempre è possibile, mentre una percentuale di persone, per una inadeguata educazione sanitaria, ricorrono all’automedicazione; quindi fare una stima precisa del fenomeno diventa difficoltoso. Tenendo conto dei vari dati epidemiologici a nostra disposizione, circa il 70% delle ulcere cutanee sono associate a patologie di origine venosa, con una prevalenza nel Regno Unito di circa 1.5/10,000 della popolazione adulta. Tuttavia, il numero di soggetti che sviluppa almeno un episodio di ulcerazione nella vita, può essere molto maggiore, visto che la prevalenza tende a crescere con l’età; inoltre, la condizione è più comune nelle donne. Un altro 20% delle ulcere è invece riconducibile a una patologia di origine arteriosa. La restante percentuale è correlata, invece, a svariate patologie quali diabete, malattia reumatica, patologie neoplastiche, pioderma gangrenoso e altre condizione mediche (2).
Il dolore è attualmente sempre più temuto in vulnologia poiché viene individuato come uno degli elementi più problematici nei pazienti colpiti da ferite e lesioni cutanee di differente eziologia (3). Negli ultimi dieci anni la ricerca si è concentrata principalmente sulla cura delle lesioni attive (4) al fine di migliorare l’efficacia delle medicazioni e dei trattamenti locali, per ridurre il periodo necessario alla cura e alla guarigione di tali condizioni. A causa delle esclusive finalità della ricerca al trattamento specifico delle ulcerazioni, sono stati spesso trascurati altri importanti aspetti per i pazienti, tra cui, impropriamente, il dolore e la qualità della vita. Ciò ignorando totalmente il meno numeroso, ma comunque importante, gruppo dei pazienti affetti da lesioni cutanee difficili, croniche, con scarsa probabilità di guarigione (5, 6). In altre parole, i pazienti con ferite croniche difficili, sono una popolazione spesso inopportunamente considerata e scarsamente trattata dalla medicina antalgica. Solo il 6% dei casi di dolore severo associato a ulcere croniche riceve un’adeguata pianificazione analgesica, sebbene il 75% di questi pazienti riferisca un’algia intollerabile (7).

Classificazione ulcere

L’ulcera cutanea è una lesione cronica della cute con perdita di sostanza caratterizzata dalla scarsa tendenza alla guarigione spontanea (8). Le ulcere possono essere classificate dal punto di vista eziopatogenetico come riportato in Tabella 1.

TABELLA 1 ART 3
Tabella 1 – Classificazione eziopatogenetica delle ulcere.

Eziologia e patogenesi del dolore nelle ulcere

Il dolore è un sintomo estremamente frequente in tutte le manifestazioni cliniche dell’ulcera cutanea, rappresentando una complicanza importante sia per il paziente che per il medico. Il dolore può essere un sintomo prognostico, in quanto una minima intensità iniziale è associata, in genere, a una guarigione più rapida. Per contro, i pazienti possono continuare ad avere dolore anche dopo la guarigione di un’ulcera; in una certa percentuale dei casi la ricomparsa di dolore dopo la guarigione può essere segno di imminente recidiva. Nelle ulcere cutanee si riconoscono fondamentalmente due tipi di  dolore:  dolore nocicettivo e  dolore neuropatico. Il  dolore può essere inoltre suddiviso in tre categorie, secondo il modello di Krasner (9). Questo modello prevede un dolore acuto, non ciclico, che si verifica durante una manipolazione della lesione, ad esempio con il debridement; un dolore acuto ciclico al cambio della medicazione, infine un dolore di tipo cronico quando il dolore si presenta in maniera persistente ed è connesso con la causa eziologica dell’ulcera stessa.
A questo punto è necessario, di seguito, descrivere i vari tipi di dolore e di componenti che ne influenzano la severità (10):
Dolore superficiale: dovuto alla stimolazione dei recettori dolorifici (nocicettori) della pelle.
Dolore profondo: dovuto alla stimolazione dei recettori che si trovano nei muscoli e articolazioni.
Dolore neuropatico: alterata funzione di uno o più nervi.
Dolore acuto: dolore recente e di breve durata. Nello specifico delle lesioni cutanee può essere associato a un atto particolare come il debridement o la medicazione (danno tissutale che stimola la sensazione dolorifica come autodifesa). Se non trattato può trasformarsi in dolore cronico.
Dolore cronico: dolore che persiste oltre il tempo di guarigione del danno e spesso non ha una causa identificabile.
Dolore psichico: nasce dalla reazione che la psiche ha nei confronti del persistere e/o del progredire della malattia e si esprime attraverso l’ansia, l’aggressività, la depressione, la paura. Entra in gioco la soggettività dell’esperienza dolorosa precedente la malattia. L’adattamento alla malattia dipende dalla personalità, dalle emozioni, dalle relazioni dei precedenti e attuali eventi della vita. Una situazione dolorosa protratta nel tempo può instaurare una sindrome depressiva importante se non trattata in tempi e modalità utili, con conseguente stravolgimento delle abitudini di vita e dei rapporti sociali.
Dolore sociale: si manifesta con l’alterazione e la perdita dei ruoli che normalmente la persona ricopre; la malattia stravolge la famiglia, l’ambiente lavorativo, perdita dello status sociale e perdita dell’autonomia.

figura 1
Figura 1 – Eziologia del dolore da ulcera, nelle varie tipologie di ferita (11).

La   sintomatologia  dolorosa   nei   pazienti   con   un   ulcere   cutanee  (Figura  1),   è   riconducibile essenzialmente a tre componenti (11, 12):
1. Eziologia della lesione: esistono lesioni di per sé particolarmente dolorose in quanto il meccanismo etiopatogenetico che le sostiene comprende una forte componente algogena che si esprime nella sollecitazione continua dei recettori cutanei del dolore. È questo il tipico caso delle lesioni di origine autoimmunitaria (vasculiti, crioglobulinemie) in cui il fattore infiammatorio è espresso con forte enfasi biochimica, stimolando in modo esagerato le terminazioni nervose nocicettoriali. Altro caso è la lesione cutanea conseguente ad arteriopatia obliterante in cui l’ischemia gioca un ruolo fondamentale nello scatenare il sintomo. In corso di malattia ipertensiva si vengono a creare danni ischemici a livello del microcircolo tali da scatenare una forte risposta algogena (Tabella 2).

TABELLA 2 ART 3
Tabella 2 – Cause di dolore nelle dieci eziologie di ferite croniche più comuni (12).

Obiettivo

Obiettivo del presente studio pilota, prospettico, aperto, è di descrivere l’efficacia e la tollerabilità dell’approccio farmacologico, di tipo multimodale, in 5 casi di ferite difficili con dolore moderato- severo.

Metodi

Sono stati osservati, per un periodo di tre mesi, 5 pazienti con ferite difficili. Tre pazienti con ulcera diabetica, una paziente con ulcera neoplastica (linfoma cutaneo a cellule T) e una paziente con un’ulcera vasculo-linfatica. Tutti trattati con oppioidi forti e/o deboli, FANS e adiuvanti per un dolore di tipo misto (nocicettivo-neuropatico) valutato mediante scala analogica verbale (NRS score, da 0=no dolore a 10=peggior dolore) che come è noto correla in modo significativo con lo stadio lesionale della ferita. Alla prima visita veniva raccolta l’anamnesi generale e algologica (Tb) e introdotto un narcotico a rilascio controllato (Ossicodone CR-Buprenorfina TTD, nel caso il paziente fosse stato impossibilitato all’assunzione orale del farmaco) per il dolore continuo (NRS≥7-10) e veniva riportata la frequenza e l’intensità degli episodi di dolore incidente (DEI) e del dolore  alla  medicazione  della  ferita,  al  fine  di  introdurre  un  agente  a  rilascio  immediato (Tramadolo IR 50 mg, Ibuprofene a rilascio immediato, buprenorfina sub linguale) e Pregabalin ove fosse presente una importante componente neuropatica dell’algia. Nei successivi follow up (a T15- T30- T60-T90 gg), è stata valutata la variazione del NRS score, l’opportunità di incrementare i dosaggi dell’oppioide forte, sulla base delle dosi aggiuntive di farmaco IR, la frequenza e l’intensità del DEI, l’insorgenza e la severità degli effetti collaterali legati alla terapia effettuata.
La scelta dell’associazione di FANS, adiuvanti e di oppiacei deboli è stata valutata tenendo in considerazione la presenza di processi infiammatori perilesionali, la presenza di una componente di dolore neuropatico (parestesie, dolore penetrante, lancinante, “a scossa elettrica”, allodinia, iperalgesia) le condizioni fisiche generali del paziente. Ogni paziente è stato sottoposto ad esami ematochimici per  la  valutazione  della  funzionalità  renale, epatica, ematologica ecc. La  scelta, altresì, della formulazione analgesica a rapido rilascio, utilizzata preventivamente 15-30 minuti prima della medicazione della ferita, è stata effettuata dall’analisi della frequenza dei DEI, dal NRS score, e dalle caratteristiche della ferita cutanea difficile da trattare. Nella procedura di debridement e di sostituzione della medicazione è stata utilizzata, quando necessaria pomata anestetica a base di lidocaina al 2,5% (EMLA). Per ogni paziente è stata garantita, quando indispensabile, una appropriata terapia antibiotica mirata. Veniva definita la qualità della vita (QoL) nei termini di recupero di autonomia funzionale dell’arto affetto, del recupero del sonno, miglioramento di altre funzioni (umore e appetito), nonché tolleranza delle terapie farmacologiche e del curettage delle ferite. A ciascuno dei 5 pazienti è stato somministrato alla prima visita e al termine del trattamento il questionario SF-36 short, per la valutazione dell’impatto sulla QoL del soggetto affetto da ulcere dolorose. La valutazione iniziale tramite il 36-item Short Form Health Survey, rifletteva la percezione del “dolore fisico” come molto severo e in grado di influenzare negativamente i sentimenti di soddisfazione e la capacità di attendere alle comuni attività quotidiane. Il controllo del dolore si rifletteva anche sugli aspetti sociali e di benessere psicofisico con migliorata percezione della propria condizione fisica svelata dal 36-item Short Form Health Survey somministrato a fine osservazione.

Risultati

Sono stati trattati e seguiti 5 pazienti (3 donne, 2 uomini di età media 70,8±14,6) affetti da dolore da ulcera diabetica (n=3), ulcera neoplastica (n=1), ulcera linfatico vascolare (n=1).

CASO CLINICO 1

Uno dei tre pazienti affetti da ulcera diabetica, donna di 87 anni, presentava ulcera infetta sul dorso del piede destro (Figura 2).

figura 2
Figura 2 – Ulcera diabetica, prima visita
figura 3
Figura 3 – Ulcera diabetica, controllo

Riferiva dolore lancinante (n-NRS= 7-10), associato a crampi, irradiato  alla caviglia  e  alla  gamba  omolaterale,  in  terapia  con  codeina+paracetamolo 500 mgx4/die  e  pregabalin  75  mgx2/die.  Veniva  prescritta  la terapia antalgica, pregabalin 150 mgx3/die paracetamolo 1000 mgx4/die  e  terapia antibiotica mirata instaurata sulla base dell’esame culturale e antibiogramma. Al primo controllo a 30 gg veniva riferito lieve miglioramento del dolore (v-NRS=6), con buon controllo della componente neuropatica, in assenza di effetti collaterali, continuava terapia con pregabalin 150mgx2/die sostituendo il paracetamolo con tramadolo SR 150mg/di e tramadolo IR al bisogno. Al successivo controllo a 60 gg la paziente riferiva  riduzione   del  dolore  (v-NRS=4)  prevalentemente  notturno  ed     episodi  di  dolore parossistico DEI, v-NRS=10; quindi, veniva prescritta nuova terapia antalgica, ossicodone 5mg paracetamolo, 1000 mgx4/die e tramadolo IR al bisogno e alle medicazioni. Nel controllo a 90 gg ulteriore diminuzione del dolore (v-NRS<3), con parestesia e crampi (Figura 3). Veniva aggiunto in terapia pregabalin 150 mgx2/die.

CASO CLINICO 2

figura 4
Figura 4 – Ulcera neoplastica

Il caso di ulcera neoplastica (Figura 4), donna di 84 anni, affetta da linfoma cutaneo a cellule T ulcerato a livello della spalla dx, presentava dolore severo (v-NRS=9-10),di tipo misto, continuo, descritto come urente e penetrante, irradiato al braccio destro e regione cervicale. Veniva prescritta terapia antalgica buprenorfina cerotto ½ da 35 μgr/h ogni 72 h e tramadolo 20 gtt al bisogno (dose rescue). Al controllo a 7 gg riferiva lieve riduzione del dolore (v-NRS=4-6) con picchi dolorosi >6/die (DEI) v-NRS=10. Veniva prescritta terapia antalgica con buprenorfina cerotto da 35 μgr/h ogni 72 h e buprenorfina sublinguale al bisogno (dose rescue). Nel successivo controllo riduzione del dolore v-NRS=3 e proseguimento della terapia.

CASO CLINICO 3

La paziente con ulcera venosa linfatica (Figura 5), 68 anni, affetta da insufficienza linfatico-vascolare, con estesa lesione infetta (pseudomonas) trasudativa-essudativa a manicotto a livello della gamba sinistra, lamentava dolore continuo, intenso (v-NRS=8-10), descritto come urente e penetrante con associate parestesie che peggiorava durante la notte. Assumeva da due mesi ketorolac 1 fl/die (30mg) senza consulto medico, tramadolo 10 gtt, nimesulide 100 mg al bisogno e terapia antibiotica  specifica.  Veniva  prescritta  terapia  antalgica:  pregabalin75mgx2/die, tramadolo  SR 50mg x2/die, paracetamolo 500mg al bisogno (max=3g/die). Dopo 15 gg dolore lievemente ridotto v-NRS=6, con forte dolore notturno. Veniva prescritto ossicodone 5mg/die (assunto la sera), pregabalin 75mgx2/die, paracetamolo 500 mg al bisogno. Al successivo controllo a 30 gg il dolore risultava ulteriormente diminuito v-NRS=3.

Figura 5 - Ulcera venosa linfatica
Figura 5 – Ulcera venosa linfatica

Il rilevamento del  v-NRS al Tb  è stato 9±1. Il confronto dei valori del NRS (Figura 6) durante i successivi follow-up ha mostrato un significativo miglioramento del sintomo dolore (T15: 5,4±1,5; T30:4,2±2,1; T60: 3,2±0,8; T90: 2±1,2 P<0,001), anche il valore del NRS score del DEI (Figura 7) indica significativa riduzione dell’intensità dall’inizio del trattamento al controllo a 90 giorni (Tb =9±1,4; T60= 3,6±2,3; T90=2,2±3; P=0,004).

figura 6

figura 7

Il  numero di  picchi  giornalieri di DEI  (Figura  8)  decrementa significativamente dal Tb (7,2±3) al T90 (0,8±1) (p=0,008). La massima dose di oppiaceo forte (ossicodone CR) utilizzata giornalmente è stata 40 mg/die in un solo paziente. Il dosaggio medio nei restanti 3 pazienti è stato di 15 mg/die. Il pregabalin (150 mg / die) è stato utilizzato in 3 pazienti. In una paziente è stato applicato cerotto di buprenorfina 35 microgrammi/h, per impossibilità di assumere per bocca l’oppiaceo forte.

figura 8
Non sono stati registrati effetti collaterali rilevanti per severità o durata dei sintomi, solo lieve sonnolenza in un caso durante il periodo di titrazione dell’oppiaceo. Soddisfacente la QoL ed il controllo del dolore durante la medicazione della ferita. La valutazione iniziale tramite il 36-item Short Form Health Survey, rifletteva la percezione del “dolore fisico” come molto severo ed in grado di influenzare negativamente i sentimenti di soddisfazione e la capacità di attendere alle comuni attività quotidiane. Il controllo del dolore si rifletteva anche sugli aspetti sociali e di benessere psicofisico con migliorata percezione della propria condizione fisica svelata dal 36-item Short Form Health Survey somministrato a fine osservazione. Buono è risultato il controllo dell’ansia anticipatoria presente nei 5 pazienti al momento della procedura di medicazione o sbrigliamento della ferita valutata tramite la somministrazione dell’hospital anxiety and depression scale.

Discussione

Nell’ultimo decennio si è posta maggiore attenzione al ruolo del dolore nella qualità della vita dei pazienti affetti da lesione ulcerativa cutanea (13, 14). È stato dimostrato che i pazienti affetti da ulcerazioni agli arti inferiori soffrono di algie più intense rispetto a quelli colpiti da altre patologie dolorose. Ciò non è solamente dovuto all’età avanzata, ma piuttosto, alle caratteristiche della lesione e ai meccanismi associati sottesi al disturbo, quali anomalie nel controllo del dolore e nella trasmissione dello stesso (15). Ricerche sulla qualità della vita hanno rilevato come il dolore venga significativamente ridotto con l’impiego di terapie efficaci che favoriscono la guarigione delle ferite e la restitutio ad integum (16). Come dimostrato dal presente studio l’utilizzo di una terapia multimodale, che impieghi differenti categorie farmacologiche, attraverso una valutazione mirata e strettamente personalizzata al paziente, permette il controllo del dolore nel lungo periodo.
Il razionale che sostiene l’associazione di differenti formulazioni farmacologiche, cioè formulazioni a lento rilascio per il dolore continuo e quelle a rapidissimo assorbimento per il dolore episodico, ha permesso di ottenere l’analgesia anche nella fase più temuta e problematica che questi particolari pazienti devono affrontare, il cambio della medicazione e l’eventuale curettage.
Il cambio della medicazione è stato, infatti, indicato dalla maggior parte degli infermieri e dei pazienti come l’operazione più dolorosa. A questa manovra segue la detersione delle lesioni, considerata altra operazione gravata da dolore, come indicato da indagini condotte in quattro Paesi Europei, dove si rilevava che i metodi di detersione delle ferite sono carenti, probabilmente a causa dell’uso di disinfettanti aggressivi e metodiche di curettage grossolane. In queste semplici, ma cruciali, manovre di gestione delle lesioni, forse, risiedono le differenze sostanziali tra i vari Paesi. Nella precoce medicazione che favorisce la riparazione e l’analgesia delle lesioni ulcerative.
È  stato anche rilevato che gli infermieri non danno importanza o ignorano consapevolmente il dolore riferito dai pazienti a causa di tali lesioni cutanee (17). I pazienti sono spesso in grado di ricordare il dolore provato in corso di pulizia e medicazione delle ulcere, per decenni, elaborando anche strategie complesse di evitamento, per impedire agli operatori sanitari di provocare loro dolore durante l’applicazione o il cambio della medicazione (18).
Il controllo del dolore si è rivelato efficace nell’attenuare il fenomeno dell’ansia anticipatoria e in un caso, tra quelli riportati nel presente studio, ha permesso la medicazione di un’ulcera trascurata e infetta, assicurando alla paziente una ottimale gestione e cura della lesione. L’approccio multimodale, inoltre, consente all’algologo di affrontare il dolore nelle varie componenti fisiopatologiche che lo determinano (dolore neuropatico, dolore nocicettivo, dolore misto). In questo contesto, la descrizione del dolore fornita dai pazienti può rivelarsi preziosa. Conoscere le modalità di risposta e adattamento del sistema nervoso centrale al dolore, nel breve e lungo termine, è indispensabile per capire come viene percepito il dolore a livello centrale.
L’ampia zona di sensibilizzazione circostante una lesione (iperalgesia) o anche il dolore associato a lesioni apparentemente guarite da molto tempo, come il rimodellamento neuronale o wind-up nel moncone post-amputazione, sono ascrivibili al modo in cui il sistema nervoso risponde e si adatta ai segnali nocicettivi che gli afferiscono.
Il fatto che, esista una base fisiologica nei dolori cronici, rende ragione clinica per tutti quei pazienti che fin troppo spesso non vengono considerati e trattati per tali algie, poiché è difficile interpretare ciò che non può essere direttamente osservato. Nonostante il problema del dolore ulcerativo sia ampiamente riconosciuto da più autorevoli voci, viene ancora troppo spesso ignorato o non affrontato adeguatamente.
Choniere et al. (19)  hanno rilevato che in diversi contesti clinici che si presentano difficili non vengono somministrati gli analgesici previsti, diversamente da quanto accade ai pazienti affetti da ustioni, nelle fasi precedenti la medicazione della lesione, anche se il dolore viene riferito parimenti di intensità moderata-severa. Spesso la valutazione del dolore del paziente affetto da ulcere viene eseguita in maniera approssimativa e poco pertinente rispetto al tipo di lesione. Le ulcere ischemiche vengono considerate più dolorose delle ulcere venose e le ulcere di grandezza minore sono considerate meno dolorose di quelle più estese (20). Il rapporto tra l’intensità  del  dolore  percepito  dal  paziente  e  il  tipo  o  la  estensione  della  lesione  varia ampiamente e non fornisce una valutazione accurata ed esaustiva della condizione dolorosa (21).
Dopo essersi instaurato il danno tissutale iniziale, la risposta infiammatoria sensibilizza i recettori cutanei del dolore. Ciò definisce le caratteristiche della sede e della estensione della lesione in ciascun paziente, in modo da consentirne la protezione analgesica.
Nelle lesioni acute il dolore diminuisce con l’evolversi del processo di guarigione. Nelle lesioni croniche il prolungamento della risposta infiammatoria può causare l’aumento della sensibilità della ferita (iperalgesia primaria) e della cute circostante (iperalgesia secondaria). Se vengono percepiti ulteriori stimoli dolorosi o si sovrappongono noxae lesionali, a causa di manipolazione ripetuta della ferita, come in sede di cambio della medicazione (fenomeni di wind-up), il paziente arriva ad avvertire qualsiasi stimolo come doloroso (allodinia). Un’ulteriore complicazione è secondaria alla modificazione dei meccanismi  di  trasmissione  nervosa  secondari  alla lesione,  che  porta  il  paziente  ad  avere sensazioni dolorose indipendentemente dall’intensità degli stimoli (dolore neuropatico). Anche gli stimoli più leggeri, causati per esempio da cambi della temperatura o dallo spostamento dell’aria attorno alla lesione, possono produrre risposte sproporzionate del sistema nervoso in conseguenza delle quali il paziente prova un dolore lancinante (allodinia). I nervi danneggiati possono anche provocare dolori ectopici in altri punti del corpo senza ragione apparente. Questo tipo di dolore non risponde di solito a trattamenti analgesici e occorre intervenire sull’attività dei nervi con antidepressivi e antiepilettici (22).
Il successo terapeutico dimostrato nel trattamento multimodale dei pazienti in studio si è accompagnato ad un ottimo profilo di tollerabilità, anche in termini di sicurezza della terapia. La possibilità di associare analgesici centrali con antinfiammatori e/o adiuvanti permette di adeguare le dosi e di limitare al minimo gli eventuali effetti collaterali delle singole molecole, aspetto tanto più importante in una particolare popolazione, come quella affetta da lesioni cutanee difficili, già compromessa  a  livello  sistemico  (diabete,  vasculopatici, cardiopatici,  grande  anziano).
Complicanze nel processo di guarigione quali infezioni, ischemia e macerazione della pelle possono anch’esse contribuire al dolore. Sentimenti quali paura, rabbia, ansia, tristezza, depressione, irritabilità e astenia sono molto comuni e possono esacerbare il dolore o accrescerne l’intensità, a causa delle modalità reattive instauratesi nell’interiorità del paziente nel confronto con il dolore.
Considerare gli atteggiamenti e le idee dei pazienti riguardo al dolore, le convinzioni rispetto alle cause del dolore e le strategie impiegate per fare fronte a questa esperienza, sembrerebbe essere il principale fattore su cui intervenire per ottenere un successo ottimale e duraturo nei confronti dell’algia.
Per fare un esempio clinico, i pazienti che hanno sofferto dolore durante il cambio della medicazione si preoccupano del cambio successivo (23). Dobson ha individuato una ulteriore dimensione dell’individuo inficiata dalla cattiva gestione delle ulcere, quella ‘socio-culturale’. Essa riguarda l’impatto delle lesioni dolorose di lunga durata non solo sull’individuo, ma anche sulla sua famiglia e sulla sua cerchia (24). Tale impatto può compromettere inoltre aspetti sociali, culturali e spirituali. Il paziente può ricordare esperienze passate di sostituzione dolorosa della medicazione e aver paura di ripeterle. Andrebbe in questo caso stabilito cos’è che nel pensiero del paziente ha provocato il dolore e cosa lo ha invece controllato o attenuato. Spesso l’aspetto fisico dei pazienti non fornisce un quadro rispondente alla loro realtà psichica e intima: l’impiego della Scala dell’Ansia e della Depressione può essere quindi utile per identificare lo stato effettivo (25). Il dolore e l’ansia appaiono infatti come due aspetti di una stessa reazione: il primo localizzato nel momento attuale, la seconda invece proiettata nel futuro, come previsione della continuazione dell’esperienza dolorosa (ansia anticipatoria). Gli analgesici centrali possono ridurre l’intensità o la durata del dolore, ma solo un anestetico locale applicato alla zona interessata è in grado di eliminare tutte le sensazioni di dolore e discomfort. Occorre quindi affrontare il problema con una serie di metodologie farmacologiche e non farmacologiche diverse, sia per la procedura di curettage che per il cambio della medicazione. Uno dei problemi principali è costituito dalla mancanza di valutazioni cliniche sull’impatto degli analgesici sul dolore da lesione cutanea e sul controllo dello stesso. Ciò non deve comunque impedire la somministrazione degli analgesici, anche in base alle esigenze specifiche, quando il paziente dichiara esplicitamente al medico che la procedura a cui viene sottoposto provoca dolore.

Conclusioni

Le lesioni cutanee difficili causano sempre dolore, ma è possibile fare molto per contenerne l’impatto sui pazienti attenuando il dolore secondario alle operazioni necessarie di applicazione e cambio della medicazione. Ciò si può realizzare mediante una valutazione accurata, una preparazione efficiente, l’impiego di analgesici adeguati, la messa in opera di procedure medicoinfermieristiche di elevato livello e l’utilizzo di prodotti di medicazione adatti.
Per identificare l’effetto diretto del contenimento del dolore sulla guarigione della lesione, occorre effettuare ulteriori studi. È certo, tuttavia, che il rispetto e la comprensione nei confronti dei pazienti sono parte essenziale di un servizio sanitario efficiente e umano.
Se è vero che occorre effettuare ulteriori studi sulla eziologia delle specifiche lesioni e sugli approcci più appropriati di gestione  e  trattamento,  è  anche  vero  che  sono  attualmente  disponibili  molte  informazioni, metodi, tecniche e farmaci che aspettano solo di essere impiegati.
Un approccio di tipo multimodale è di cruciale utilità nel controllo del dolore da ferite difficili. Come si evidenzia nella esperienza riportata, sono necessari oppioidi e adiuvanti che possano sinergicamente contrastare, sia il dolore continuo che incidente, con netto miglioramento della qualità della vita dei pazienti, a fronte di una eccellente tollerabilità del trattamento e accettazione del piano terapeutico.

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