Il fine vita: le cure palliative e le dichiarazioni anticipate di fine vita

Introduzione

Quello del fine vita è un tema complesso sul quale sono in corso da anni dibattiti sociali, etici, religiosi e politici. Il tema comprende tematiche importanti come il rischio di accanimento terapeutico, le problematiche dell’eutanasia, la sospensione delle terapie, l’idratazione e la nutrizione artificiale, la terapia del dolore, le cure palliative e buon accompagnamento e le dichiarazioni anticipate – testamento biologico. Gli infermieri svolgono un ruolo centrale nel sostenere la persona sia dal punto di vista sanitario che psicologico nel suo momento più difficile, esercitando così   sorta di una fedeltà morale nei confronti del paziente. La fedeltà al paziente, quindi, si realizza anche nello sgomento di fronte alla morte; la fine di ogni speranza induce movimenti del cuore e della mente che la scienza non può lenire.

La bioetica
Per far fronte a perplessità e dilemmi, è nato un movimento che cerca di conciliare la medicina con gli interessi etici e umanistici del paziente: la bioetica. Parlare di bioetica vuol dire accettare che nel campo delle scienze biologiche e della pratica sanitaria entri un discorso filosofico che riflette sul comportamento umano dal punto di vista dei valori. Il malato inguaribile ha una serie di bisogni che includono aspetti fisici e aspetti psicologici. L’operatore sanitario deve quindi avvicinarsi consapevolmente ai bisogni psicologici, entrando di fatto nell’area dell’affettività del paziente, con l’obiettivo di contribuire positivamente al suo vissuto. L’esperienza dimostra anche che talune terapie, medicine o pratiche curative sono più facilmente accettate dal malato se interviene, quando occorra, una parola persuasiva da parte di qualcuno dei familiari o di persone di cui il malato ha fiducia. McCusker definisce un paziente in fine vita e quindi da porre in trattamento di terapia palliativa quando (1):

  • non ci sono trattamenti curativi specifici o essi sono esauriti o sono inopportuni;
  • il paziente ha una riduzione del performance status ≤ 50 nell’ambito della scala Karnofsky a causa della presenza di sintomi invalidanti;
  • la malattia è rapidamente evolutiva con imminenza della morte, in genere entro 3 mesi.

Il rapporto che si instaura nella fase di terminalità di malattia, da intendersi in questo caso nella maniera più ampia possibile (non tre mesi ma un anno!), tra operatori sanitari, l’infermiere in primis, e il paziente, è fondamentale per questo scopo.

Le cure palliative
Seguendo le indicazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), la ricerca scientifica nell’ambito della cure palliative, si è sviluppata negli ultimi anni con l’obiettivo di sviluppare terapie finalizzate a mantenere la migliore qualità di vita possibile già in fase avanzata di malattia (simultaneous care), al fine di garantire la migliore qualità di morte possibile (2). Le cure palliative quindi nascono con il fine del non abbandono del paziente e del rispetto della persona inguaribile che viene assistita garantendo la presa in carico globale, assicurando il sollievo dal dolore, la cura di tutte le fonti di sofferenza, fisica, psicologica, sociale, spirituale. Anche l’Europa, per voce dell’European Association for Palliative Care (EAPC) nel 1989 ha espresso la propria definizione: “Le cure palliative sono la cura attiva e globale prestata al paziente quando la malattia non risponde più alle terapie aventi come scopo la guarigione. … Le cure palliative hanno carattere interdisciplinare e coinvolgono il paziente e la sua famiglia….Il loro scopo non è quello di accelerare o differire la morte, ma quello di preservare la migliore qualità di vita possibile fino alla fine.” (3). Anche l’Italia, con la Società Italiana di Cure Palliative (SICP), ha voluto esprimere la propria definizione:   “le cure palliative…sostengono la vita e guardano al morire come a un processo naturale; aiutano il malato a vivere quanto più attivamente possibile fino alla morte e hanno come primo obiettivo la migliore qualità di vita possibile per la persona nella fase avanzata di malattia…..assicurando la migliore terapia per quel malato, con quella malattia, in quel momento della sua vita, in quel contesto familiare (4).

La storia legislativa
La prima importante legge sulle cure palliative in Italia è stata emanata nel febbraio del 1999 (39/1999) e ha avuto come scopo principale il finanziamento degli Hospices per favorire la nascita e lo sviluppo della terapia palliativa. Successivamente, nel 2001, il Ministero della Sanità ha disposto delle Linee guida per la realizzazione dell’ “Ospedale senza dolore”, approvate dalla Conferenza Stato-Regioni il 24 maggio 2001. Il documento recepisce un problema sollevato in precedenza dall’OMS, che aveva promosso una campagna internazionale dal titolo “Verso ospedali senza dolore”, per una cultura più attenta alla sofferenza (5-6). L’altro momento fondamentale dello sviluppo in Italia è stato il riconoscimento delle cure palliative come livelli essenziali di assistenza (LEA), per cui lo Stato e le regioni dal 2002 devono fornire, gratuitamente, alla popolazione un modello assistenziale in rete, garante della qualità di vita e della dignità della persona.
Nel 2010 un’altra importante legge ha voluto sancire l’istituzione della rete delle cure palliative, ovvero l’integrazione tra hospices e assistenza domiciliare (Legge 38/2010).

Il ruolo degli infermieri
Il ruolo degli infermieri nel paziente inguaribile e terminale è molto critico per la qualità della vita del paziente stesso. È stato evidenziato che tale tipologia di paziente e i propri familiari trascorrono molto più tempo a contatto diretto con gli infermieri che con i medici, condividendo così esperienze, convinzioni e speranze. Gli infermieri quindi hanno un collegamento più intimo con i pazienti esprimendo quindi responsabilità professionali completamente diverse da quelle dei medici (7).
Dalla letteratura emerge come gli operatori sanitari, e gli stessi pazienti, si avvicinano al fine vita con diverse preferenze e aspettative influenzate dalla religione, dalla razza, dalla cultura e dalla geografia (8).
Uno studio di revisione della letteratura condotta da Tingle ha evidenziato che gli infermieri sono sempre più preoccupati dei dilemmi etici e legali nel processo decisionale clinico del paziente in fine vita (9). Anche l’autore Bjarnason conferma, attraverso un suo studio, le preoccupazioni dei dilemmi etici e legali nel processo decisionale clinico. L’autore infatti ravvisa che i conflitti legati alle credenze religiose entrano a volte in conflitto con le cure convenzionali e con il normale rapporto paziente-operatore sanitario (10).
Si comprende quindi l’importanza di continuare a studiare tutti questi fattori etici e culturali al fine di accrescere la consapevolezza della presenza delle differenze individuali e provare a concretizzare   linee guida standard comuni per gli operatori sanitari.
Nell’agosto del 2009 la Federazione Nazionale Italiana dei Collegi degli Infermieri ha affermato: “Gli infermieri da sempre e quotidianamente accompagnano l’assistito nell’evoluzione terminale della malattia e le persone a lui vicine nel momento della perdita e dell’elaborazione del lutto attraverso modalità relazionali, atteggiamenti e gesti che vogliono accogliere, ascoltare, assistere, comunicare, lenire”.
L’8 novembre 2009, il Consiglio nazionale della Federazione dei Collegi Infermieri IPASVI, riunitosi in una seduta aperta anche ai rappresentanti delle Associazioni infermieristiche italiane, ha analizzato il testo della proposta di legge sulle “Disposizioni in materia di alleanza terapeutica, di consenso informato e di dichiarazioni anticipate di trattamento”, anche in ragione del patrimonio esperienziale costruito accompagnando i propri assistiti nell’evoluzione terminale della malattia e nel fine vita, fasi che sono per tutti, assistiti e professionisti, ad alta intensità relazionale, emozionale e spirituale.
Secondo la Federazione dei Collegi IPASVI, il Codice Deontologico è l’elemento cardine su cui si fonda il Pronunciamento sul fine Vita. Esso infatti, costituisce per gli infermieri, un punto di riferimento etico e valoriale ed è guida per lo svolgimento delle proprie funzioni e orientamento per i rapporti con gli altri operatori e con l’organizzazione. Evidente è la distanza che separa il Codice Deontologico da alcune norme contenute nella proposta di legge sulle “Disposizioni in materia di alleanza terapeutica, di consenso informato e di dichiarazioni anticipate di trattamento”.
Nel loro Pronunciamento gli infermieri, professionisti che svolgono una insostituibile funzione nella fase terminale della vita delle persone, si richiamano alle norme espresse nel loro Codice Deontologico “Durante l’evoluzione terminale della malattia e nel fine vita i rapporti tra l’assistito, le sue persone di riferimento, il medico, l’infermiere e l’équipe assistenziale non possono essere rigidamente definiti da una legge potenzialmente fonte di dilemmi etici, difficoltà relazionali e criticità professionali, ma devono essere vissuti e sviluppati secondo le norme dei Codici di deontologia professionale”.
Il nuovo Codice Deontologico fissa le norme dell’agire professionale e definisce i principi guida che strutturano il sistema etico in cui si svolge la relazione con la persona/assistito.
Esprime un indirizzo chiaro nei confronti di un Decreto Legge che è in contrasto con i principi etici della professione e con i valori degli infermieri. Di fatto gli infermieri di fronte a situazioni contrastanti con la propria etica professionale hanno la possibilità di appellarsi alla Clausola di Coscienza espressa nell’articolo 8 del nuovo codice. L’adesione intima e coerente ai principi della professione e quindi all’assistere, curare e prendersi cura della persona nel rispetto della vita, della salute, della libertà e della dignità dell’individuo, indurrà in ogni caso l’infermiere ad adoperarsi perché l’assistito riceva attraverso l’intervento di altri colleghi o attraverso il coinvolgimento della struttura sanitaria le prestazioni necessarie per la sua incolumità e per la sua vita. Così agendo l’infermiere tutelerà l’assistito, non lo lascerà mai solo e gli garantirà il diritto di manifestare la propria volontà.
Ma la tutela dell’assistito verrà garantita dall’infermiere anche attraverso l’impegno quotidiano affinché non abbia mai a subire danno o nocumento in conseguenza dell’agire professionale.
Agirà, dunque, con “prudenza” per non “nuocere” e si richiamerà al principio dell’equità nelle scelte allocative per un uso ottimale delle risorse. Riflessioni sulle varie ambiguità nel decidere se il paziente, gravemente malato o morente, possa decidere in prima persona e in maniera assolutamente autonoma sono ad oggi argomento di grande interesse medico-etico-sociale.
È interesse generale in particolar modo dell’infermiere professionista migliorare le cure verso il paziente morente cercando di alleviare le sofferenze, fornendo un sostegno al paziente e alla famiglia attraverso la nascita di equipe sanitarie specifiche, ma rimane ampiamente discusso il capitolo riguardante le decisioni di fine vita. La Federazione IPASVI ha così deciso di fornire all’infermiere i mezzi per poter esercitare il proprio diritto di scegliere secondo scienza e coscienza.

È evidente come l’agire dell’Infermiere va inserito in un contesto di équipe che non può prescindere da un dialogo costruttivo con il medico, che rappresenta la guida e il punto di riferimento del reparto. Tali argomenti dovrebbero rappresentare la base essenziale per la crescita delle équipes che operano nelle reti di terapia del dolore e cure palliative.

La DAT, dichiarazioni anticipate di trattamento
Come è noto l’iniziativa legislativa sulla DAT “Disposizioni in materia di alleanza terapeutica, di consenso informato e di dichiarazioni anticipate di trattamento” prese l’avvio il giorno stesso della morte di Eluana (9 febbraio 2009). Il 6 febbraio, il governo aveva predisposto un decreto legge per impedirne il decesso, ma il Presidente della Repubblica aveva ritenuto impossibile firmarlo. Subito molti parlamentari, proposero di approvare una legge che il Senato ha approvato in prima lettura con una maggioranza più ampia di quella di governo. Dal nome del relatore questo disegno di legge può essere chiamato “testo Calabrò”.
Il disegno di legge ha focalizzato un confronto su un complesso di valutazioni e istanze che non hanno ancora trovato modo di conciliarsi fra loro. Di particolare rilevanza è la scelta effettuata rispetto al ruolo del medico, a cui il ddl assegna in forma esclusiva la competenza e gli oneri decisionali nei confronti dell’assistito nel fine vita.
Il disegno di legge Calabrò è poi approdato al vaglio della Commissione Affari Sociali della Camera nella seconda metà del dicembre 2009, insieme alla presentazione di circa 2.700 emendamenti. Nel marzo scorso lo stesso DDL aveva ottenuto l’approvazione al Senato con 150 voti favorevoli, 123 contrari e 3 astenuti.
L’iter parlamentare poi comunque nonostante passassero vari Governi si è poi bloccato in Parlamento (11).
Evidenziamo alcuni punti significativi del testo, soffermandoci sulle principali novità che introdurrebbe se diventasse legge dello Stato (12):

  • Tutela della vita e della salute. Lo Stato garantisce l’astensione da trattamenti sanitari sproporzionati per chi si trova in fine vita o morte prevista come imminente (art.1).
  • Si vieta ogni forma di eutanasia e di suicidio assistito (art. 2).
  • È possibile da parte del medico astenersi dal curare il paziente qualora si configuri il caso di “accanimento terapeutico” (art. 3).
  • Il paziente deve essere pienamente informato circa il trattamento sanitario cui viene sottoposto. Egli è libero di rifiutarlo e in qualsiasi momento di revocare il consenso precedentemente accordato. Viene fatto salvo in ogni caso il diritto del medico di agire in scienza e coscienza (cioè in primis secondo etica e deontologia medica) nel caso in cui le condizioni del paziente non permettano di accertarsi circa la sua volontà (art. 4). La dichiarazione del paziente viene acclusa alla sua cartella clinica e ne costituisce documentazione integrante.
  • Nella DAT il paziente esprime la sua volontà circa trattamenti sanitari o di fine vita che dovessero attuarsi in un futuro. Si esclude la possibilità di rilasciare dichiarazioni circa eutanasia attiva o passiva. Ugualmente, alimentazione ed idratazione in nessun caso possono essere oggetto di rifiuto (art. 5).
  • La DAT non ha valore né obbligatorio né vincolante, deve essere sottoscritta da un medico e certificata da un notaio. Ha valore massimo di 3 anni ma può essere rinnovata indefinitamente (art. 6).
  • È possibile nominare un fiduciario (art. 7).
  • Il medico può tenere conto della DAT ma non può agire per cagionare la morte del paziente. Il medico può non tenere conto nel parere espresso nella DAT non solo per i casi in cui decida di far prevalere la propria scienza e coscienza, ma anche nei casi in cui ritenesse che le avanzate conoscenze tecnico-scientifiche e terapeutiche non siano più corrispondenti a quelle per i quali il paziente ha espresso volontà. Le convinzioni di carattere scientifico e deontologico sono comunque fatte salve per il medico curante anche a fronte della valutazione di un collegio di medici (art. 8).
  • L’autorizzazione giudiziaria interviene quando, nel caso in cui il paziente non abbia espresso volontà, altri soggetti legittimati ad esprimerla si rifiutassero ingiustificatamente di rilasciare dichiarazioni in tal senso (art. 9).
  • Viene istituito un registro nazionale informatico delle DAT, accessibile a chi di competenza della salute e delle politiche sociali la promulgazione di norme attuative sulla sua redazione e modalità di conservazione (art. 10).

A tal proposito il 13 marzo 2015 il Consiglio Regionale del Friuli Venezia Giulia presieduto da Debora Serracchiani fece approvare la legge sul DAT e sull’istituzione del registro delle Dichiarazioni affinché ogni persona potesse decidere in autonomia se scegliere la via della cura o del rifiuto della stessa.
Tale legge fu subito criticata dal Presidente dell’Ordine dei Medici di Trieste Dottor Padullo «Queste notizie – dichiarava il Presidente – mi riportano al 2008 quando sull’onda emotiva del caso Englaro i nostri decisori politici si sono dati da fare per proporre un testo che garantisse alla persona il diritto di morire con dignità. Il disegno di legge proposto dall’onorevole Calabrò è stato presentato alle Camere, ed è stato oggetto di emendamenti riflessioni… poi tutto si è fermato, probabilmente a causa degli altri impegni del Governo relativi alla situazione economica del Paese… e ancora la questione non è risolta nonostante l’avvicendamento di tre esecutivi…» (13).
Pertanto anche gli Ordini dei Medici così come l’IPASVI hanno deciso di porre al centro del discorso il codice deontologico, che essenzialmente tutela i sanitari rimettendo la decisione di cosa fare o non fare al paziente. «il medico – secondo Padullo – è poi sempre libero e autonomo nelle proprie decisioni… e sono comunque banditi tutti gli interventi volti a provocare la morte, da un lato, e dall’altro tutti gli interventi che non siano in grado di dare benefici al paziente e che vengono definiti molto correttamente futili». Il Presidente ha poi ha definito la legge “frettolosa”: «Non posso nascondervi il timore che per tutta una serie di fortunate coincidenze politiche la nostra Regione si sia presa l’onere di fare da capofila, da elemento trainante per una serie di iniziative che verranno poi a ricadere sulle altre regioni dopo una validazione da parte del governo centrale…….da molti anni chiediamo che vengano inseriti perlomeno alcuni dati più importati: ad esempio le patologie principali, le esenzioni, le allergie, vado oltre, magari la terapia… e invece si trova spazio improvvisamente per le Dichiarazioni anticipate di trattamento?» denunciando inoltre il mancato coinvolgimento della classe medica nella stesura della legge regionale.
Queste critiche insieme all’incertezza politica sulla controversa legge sul DAT ha fatto sì che il Consiglio dei Ministri nel maggio 2015 decidesse di impugnare la norma sulle dichiarazioni anticipate di trattamento perché la legge, come premesso dal governo Renzi, “invade la competenza statale”.
Immediatamente dopo, il governo regionale del Friuli Venezia Giulia, in data 10 luglio, ha comunque revisionato la legge su DAT approvandone di nuovo il contenuto istituendo così “solamente” un registro dove raccogliere le volontà dei pazienti capace anche di favorire la raccolta delle volontà di donazione degli organi.
Nel settembre scorso tuttavia il governo nazionale nuovamente cassa la norma regionale con una “bocciatura bis” (13) della norma rivisitata ribadendo che la legge in questione ha una competenza esclusivamente statale e non regionale.
Chiaramente l’iter burocratico della legge sulle dichiarazioni anticipate di trattamento farà ancora discutere in futuro e troverà indubbiamente argomentazioni trasversali alle logiche politiche in quanto capace di scuotere le idee e le ideologie personali e religiose del singolo legislatore. Si ritiene fondamentale una discussione aperta tra tutti gli operatori della salute su un tema così cruciale, che possa sensibilizzare finalmente la classe politica. È innanzitutto un problema di civiltà.

Bibliografia
1. McCusker J. The terminal period of cancer: definition and descriptive epidemiology. J Chron Dis 1984; 37: 377.
2. Cancer pain relief and palliative care. Technical Report Series 804, Ginevra 1990.
3. Definizione di Terapie Palliative. Primavera 1989.
4. Considerazioni della Società italiana di cure palliative sulla proposta di legge. Disposizioni in materia di alleanza terapeutica, di consenso informato e di dichiarazioni anticipate di trattamento. Ottobre 2010.
5. Costantini M, Toscani F, Gallucci M et al. Terminal cancer patients and timing of referral to palliative care: a multicenter prospective cohort study. J Pain Symptom Manage 1999; 18: 243.
6. Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana. Serie Generale – n. 149 del 29-06-2001.
7. Asch DA, the limits of suffering: critical care nurse’s view of hospital care at the end of life. Soc Sci Med 1997; 45: 1661-1668.
8. Frost DW, et al. Patient and healthcare professional factors influencing end-of-life decision-making during critical illness: a systematic review. Crit Care Med 2011; 39(5): 1174-89.
9. Tingle J. Specialist healthcare law for nurses: an introduction. Br J Nurs. 2009; 18(1): 38-39.
10. Bjarnason D. Nursing, religiosity, and end-of-life care: interconnections and implications. Nurs Clin North Am. 2009; 44 (4): 517-525.
11. L’infermiere 2010; numero 1: 12.
12. comitatoveritaevita. Il disegno di legge Calabrò. Consultabile online: http://goo.gl/kYF0hN
13. Cronaca “Il Piccolo” del 13 marzo 2015.