Gestione del dolore procedurale nella cura delle lesioni cutanee

Il dolore e lo stress nelle lesioni cutanee

Esistono due tipi di dolore nell’approccio alle lesioni cutanee: il dolore nocicettivo e il dolore neuropatico. Il dolore nocicettivo consiste nella risposta fisiologica  ad uno stimolo doloroso e può essere causato da infiammazione cronica o acuta. Il dolore nocicettivo acuto si verifica in conseguenza di danno tessutale ed è solitamente limitato nel tempo. Uno stato infiammatorio prolungato può determinare un aumento della sensibilità, sia a livello della lesione (iperalgesia primaria) che  della cute perilesionale (iperalgesia secondaria). Il dolore neuropatico è definito come una risposta inappropriata provocata da una lesione primaria o una disfunzione del sistema nervoso. Il danno ai nervi è la causa più comune della lesione primaria che può essere provocata da trauma, infezione, disfunzione metabolica o tumore. Il dolore neuropatico è legato alla comparsa di dolore cronico ed è spesso associato a sensazioni alterate o non piacevoli, in cui un qualsiasi stimolo sensitivo, quale un impulso luminoso o una pressione o variazioni della temperatura può provocare un dolore intenso (allodinia). Il dolore e lo stress sono responsabili del ritardo  nella guarigione delle ferite attraverso complessi meccanismi. Il dolore connesso alle lesioni cutanee croniche costituisce un fattore stressante che stimola l’asse ipotalamo-ipofisi-surrene promuovendo la produzione di vasopressina e glucocorticoidi (cortisolo) (1). La vasopressina è un potente vasocostrittore e il suo aumento determina una diminuzione di ossigeno e nutrienti necessari alla guarigione della lesione. Il cortisolo riduce la risposta infiammatoria immuno-mediata, sopprime la differenziazione e la proliferazione cellulare, inibisce la rigenerazione delle cellule endoteliali e causa un ritardo nella sintesi del collagene. In presenza di cortisolo, le cellule T diventano meno sensibili all’azione dell’interleuchina 1 per la produzione di fattori di crescita che ne facilitano la loro proliferazione.

Classificazione delle lesioni cutanee

Esistono diverse classificazioni di lesioni cutanee. Alcune di esse si basano sulla profondità del danno tessutale (ad esempio gli stadi delle lesioni da pressione), altre sulla modalità di guarigione per prima o seconda intenzione, altre ancora in relazione alla patologia presente (nelle ulcere diabetiche), oppure in relazione al danno tessutale e all’estensione (nelle lesioni peristomali). Frequentemente viene utilizzata una classificazione molto più generale che suddivide le lesioni in acute e croniche, trasversale quindi alle classificazioni precedenti poiché include tipologie di lesioni ad eziologia diversa. Secondo tale suddivisione vengono considerate lesioni cutanee acute le ferite chirurgiche, le ferite traumatiche, le ustioni ed invece ritenute croniche le lesioni da pressione, le ulcere vascolari, le ulcere diabetiche e le lesioni micotiche (2).  Molti fattori possono aggravare il dolore delle ferite, tra questi i traumi al cambio della medicazione, la scelta non appropriata della medicazione, il courettage del tessuto devitalizzato, la detersione, la presenza di infezioni.

Il dolore procedurale nella cura delle lesioni cutanee

Il dolore procedurale deriva dal processo di trattamento locale della lesione cutanea, comprende la rimozione della medicazione, la detersione e l’applicazione della nuova medicazione. Risulta importante la sua valutazione. Nella gestione del dolore procedurale correlato alla medicazione delle lesioni cutanee gli infermieri possono adottare strategie farmacologiche e non farmacologiche.  Le procedure associate alla medicazione della ferita forniscono l’opportunità di osservare i fattori che possono determinare dolore e che possono inoltre contrastare la guarigione quali: presenza di infiammazione e infezione, deterioramento della ferita, eritema, purulenza, temperatura elevata, edema e cattivo odore. E’ rilevante inoltre considerare la cute circostante la lesione e l’evidenza di aderenza della medicazione. I pazienti spesso riferiscono che il dolore associato alla procedura di medicazione rappresenta una condizione  di salute che ha reso inevitabile la procedura stessa (3). Il dolore può essere influenzato dal tipo di medicazione (4) e si basa sulla percezione del paziente che può essere condizionato  da differenti fattori interconnessi quali: stato emotivo e psicologico del paziente, livello di ansia, esperienza di dolore precedente,  comprensione della procedura,  fattori ambientali, tipo di relazione e di approccio proposti dall’infermiere che effettua la medicazione. Diversi studi hanno dimostrato che la risposta individuale al dolore è influenzata da età, sesso e cultura.

In uno studio effettuato su 412 individui adulti sottoposti a medicazione di lesioni cutanee, i pazienti più giovani riferivano  più dolore prima e dopo l’intervento rispetto ai pazienti più anziani, ma nessuna differenza statisticamente significativa è stata riscontrata sull’intensità del dolore durante la procedura . I risultati dello studio differiscono per quanto riguarda la differenza  uomo e donna sulla percezione del dolore procedurale. Stotts et al. non hanno riportato alcuna differenza sull’intensità del dolore tra uomini e donne durante la procedura di medicazione (5). Altri studi  hanno dimostrato differenze significative sull’intensità del dolore riferito da gruppi di individui di culture diverse. Tuttavia, le caratteristiche dei gruppi culturali sono solo generalizzazioni ed ogni singola variabile deve essere presa in considerazione onde evitare comportamenti stereotipati.(6). In ogni caso una maggiore conoscenza della cultura e dell’etnia dei pazienti possono risultare importanti per una più efficace gestione del dolore (7).

La gestione farmacologica del dolore procedurale

Paracetamolo

Il paracetamolo nella scala del trattamento del dolore dell’OMS si trova nel primo gradino, tuttavia è un forte analgesico e può essere utilizzato insieme alla maggior parte degli altri farmaci. Il suo utilizzo può potenziare l’effetto analgesico di farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) e oppioidi forti nel dolore acuto (8). Il paracetamolo deve costituire la base per l’analgesia nel  dolore acuto e cronico associato a lesione cutanea acuta o cronica (9,10). Se la lesione è dolorosa solo durante il cambio di medicazione, il paracetamolo (1g) deve essere somministrato per via orale almeno un’ora prima. Se il dolore persiste oltre la conclusione del cambio di medicazione, può essere necessaria un’integrazione di 1g ogni 4-6 ore, fino ad una dose massima di 4g nelle 24 ore.

FANS

I farmaci antinfiammatori non-steroidei (FANS) hanno effetto analgesico e antinfiammatorio. In relazione ai ben noti effetti collaterali devono essere somministrati con attenzione, verificando la presenza di controindicazioni. Un aumento del dosaggio generalmente non produce un corrispondente effetto analgesico ma aumenta i rischi di effetti collaterali. In alcuni casi, inoltre, è necessario sospendere il trattamento per la comparsa di effetti collaterali, in soggetti più a rischio  per lesioni gastriche e renali. Possono essere utilizzati in associazione con il paracetamolo e con gli oppioidi. Se utilizzati per il controllo del dolore procedurale durante la medicazione devono essere somministrati per via orale almeno un’ora prima (8).

Oppioidi minori

Appartengono a questa classe la codeina e il tramadolo, si trovano nel secondo gradino della scala  dell’OMS e vengono utilizzati per il trattamento del dolore moderato. La codeina è disponibile in commercio in vari prodotti di associazione con il paracetamolo, in forma di compresse, compresse effervescenti e bustine di granulato effervescente. Deve essere somministrata per via orale un’ora prima della procedura di medicazione. A differenza di molti oppioidi, la codeina ha una dose massima oltre la quale non vi è una ulteriore analgesia (dose massima giornaliera di 240 mg British National Formulary 2011). Inoltre, la codeina è nota per avere un’efficacia variabile all’interno della popolazione (inefficace nel 10% della popolazione) a causa di un basso livello dell’enzima che serve a convertire la codeina in codeina attiva necessaria per l’effetto analgesico (11).

Il tramadolo è l’unico oppioide presente in commercio in quasi tutte le forme possibili (gocce, compresse, anche ad azione prolungata, supposte e fiale), anche in associazione con il paracetamolo. È sicuro ed efficace anche per lunghi periodi. La dose media è di 50 o 100 mg ogni 6 ore, ma può variare da 50 mg fino ad un massimo di 400 mg al giorno. Si possono raggiungere i  600 mg al giorno quando somministrato per via endovenosa/intramuscolare. La formulazione contenente paracetamolo, con indicazione per il trattamento del dolore acuto, che contiene 37,5 mg di tramadolo e 325 mg di paracetamolo, si somministra per via orale  con un dosaggio raccomandato di una o due compresse ogni quattro/sei ore per un massimo di 300 mg di tramadolo e un massimo di 3 g di paracetamolo al giorno. Anche il tramadolo se assunto per via orale deve essere somministrato almeno un’ora prima.

Oppioidi maggiori

La morfina è l’oppioide forte per eccellenza ed è in cima alla scala dell’OMS: il suo utilizzo deve essere preso in considerazione quando non si raggiunge l’analgesia con i farmaci dei precedenti gradini. La morfina presenta una disponibilità per via orale abbastanza variabile, tra il 30 ed il 70%. La sua emivita di eliminazione 2-3 ore, è poco più breve della durata di effetto, per cui la tendenza all’accumulo è improbabile. La sua farmacocinetica rimane lineare anche per elevate dosi e per periodi prolungati di tempo. Il rapporto di equipotenza con la via parenterale è approssimativamente di 1:3. Esistono varie formulazioni di morfina per via orale, tra cui quella a lento rilascio che consente una maggior comodità per trattamenti prolungati, con somministrazioni ogni 8-12, rispetto alle tradizionali quattro ore di intervallo con morfina pronta. E’ disponibile inoltre in formulazione pronta sotto forma di sciroppo o sospensione, e in fiale per via parenterale. L’idromorfone è un oppioide a breve emivita, con struttura analoga alla morfina. Viene assorbito  per via orale; per via parenterale, essendo più solubile, è disponibile in concentrazioni più elevate  sino a 100 mg/ml. Il rapporto con la via orale è di circa 1:5, anche se esiste una forte variabilità individuale. Risulta 5-7 volte più potente della morfina.  Gli effetti collaterali sono sovrapponibili a quelli della morfina. L’ossicodone è un oppioide semisintetico che si differenzia dalla morfina per delle particolarità farmacocinetiche e farmacodinamiche. La disponibilità per via orale è notevolmente superiore (superiore al 60%). Ha una potenza maggiore, rispetto alla morfina orale, di circa 1/3, grazie alla maggiore disponibilità per via orale. Si può trovare per via orale a dosaggi variabili in combinazione a una dose fissa di paracetamolo (325 mg), ed in compresse a lento rilascio.

Il metadone presenta una disponibilità orale elevata, pari a circa l’ 80%. Ha una lunga e variabile emivita di eliminazione (18-36 ore), mentre l’analgesia dura circa otto ore. Una somministrazione prolungata pertanto può condurre a fenomeni di accumulo in mancanza di un monitoraggio della risposta clinica, sino al raggiungimento della fase di stabilizzazione plasmatica, quando la stessa quantità di farmaco somministrata viene eliminata. La sostituzione di un oppioide con metadone risulta potenzialmente più agevole, mantenendo un rapporto di circa 1:5. E’ disponibile in sciroppo per via orale e fiale per via parenterale. Il fentanyl è 80-100 volte più potente della morfina per via orale. La conveniente modalità d’uso, con la somministrazione attraverso un sistema transdermico, lo ha reso uno dei farmaci più diffusi. E’ disponibile in diversi dosaggi (12, 25, 50, 75, 100 mcg/h). Il sistema va sostituito ogni 3 giorni, anche se una minoranza di pazienti può richiedere intervalli di sostituzione più brevi (48-60 ore). Raggiunge una concentrazione plasmatica relativamente stabile dopo circa 16-24 ore. La buprenorfina per le sue caratteristiche di elevata solubilità e potenza è disponibile sotto forma di tavolette sublinguali o per via parenterale. In relazione allo scarso assorbimento gastrointestinale, è stata anche formulata con un sistema transdermico a matrice, per la somministrazione controllata di 35 mcg/h, 52.5 mcg/h e 70 mcg/h, corrispondenti rispettivamente a 0.8, 1.2, e 1.6 mg/die. Questo tipo di formulazione consente un uso più equilibrato evitando sbalzi nella concentrazione plasmatica riducendo gli effetti di picco. Rispetto ad altri oppioidi, presenta un minore effetto immunosoppressivo (12).

Anestetici topici locali

In piccole dosi, anestetici topici locali (ad esempio lidocaina) possono fornire un grado di insensibilità per un breve periodo. Questo può essere utile durante una procedura specifica o un’operazione, ma non dovrebbero essere utilizzati come unico metodo di sollievo dal dolore.

50% di ossido nitroso e 50% di ossigeno gassoso

Questa miscela di gas può essere utilizzata in associazione ad altre tecniche per alleviare il dolore, tuttavia il suo uso regolare può portare a depressione del midollo osseo.

La gestione non farmacologica del dolore procedurale

Instaurare una  corretta relazione terapeutica tra infermiere e paziente può migliorare l’aderenza al trattamento e ottimizzare i risultati. L’ansia è un predittore significativo di dolore procedurale.  Gli infermieri  devono  riconoscere che l’ansia e il dolore sono esperienze comuni durante i cambi di medicazione. Mentre i pazienti devono essere informati che questi sintomi fanno parte di una normale risposta, occorre inoltre porre l’attenzione sulle opzioni di trattamento disponibili e sugli obiettivi raggiungibili.

Strategie necessarie per prevenire il dolore e lo stress durante la medicazione:

  • scegliere un ambiente appropriato, non stressante;
  • valutare la necessità di assistenza di personale qualificato o meno, che può essere d’aiuto semplicemente tenendo la mano del paziente;
  • essere attenti nel posizionare il paziente in modo da minimizzare il disagio ed evitare contatto o esposizione non necessari;
  • evitare l’esposizione prolungata della ferita;
  • evitare qualsiasi stimolo non necessario alla ferita – trattare le ferite delicatamente, tenendo presente che un qualsiasi leggero tocco può provocare dolore;
  • coinvolgere i pazienti parlando della cura delle ferite e del cambio di medicazione;
  • partire dal presupposto  che i pazienti con ferite croniche non devono vivere con dolore persistente o temporaneo;
  • stimolare e sostenere la partecipazione attiva del paziente nella valutazione e nel trattamento della lesione;
  • educare i pazienti spiegando le procedure e il modo in cui vengono eseguite;
  • educare i pazienti ad esprimere il  dolore  è un passo necessario che contribuisce a dissipare equivoci  e miti comuni che possono ostacolare una gestione efficace del dolore. Durante la procedura l’infermiere deve considerare i seguenti principi generali:
  • essere consapevole dell’attuale stato di dolore;
  • riconoscere ed evitare, se possibile, fattori scatenanti;
  • riconoscere ed utilizzare, se possibile, agenti che riducono il dolore; evitare manipolazioni non necessarie della ferita;
  • ricorrere a semplici tecniche eseguite dal paziente, quali ad esempio contare, focalizzarsi sulla respirazione o ascoltare della musica;
  • riconsiderare le scelte della gestione del dolore se questo diventa insopportabile e annotare un evento negativo;
  • osservare la ferita e la cute circostante per evidenziare infezioni, necrosi, macerazione, ecc.;
  • controllare la temperatura del prodotto o della soluzione prima di applicarla alla ferita;
  • evitare pressione eccessiva della medicazione, del bendaggio o del cerotto;
  • se si utilizza una medicazione o una tecnologia particolare seguire le istruzioni del produttore;
  • valutare il comfort dell’intervento e/o della medicazione/bendaggio applicati dopo la procedura;
  • la valutazione costante e la modifica del piano di trattamento e di intervento sono essenziali poiché la ferita si modifica nel tempo (13). Anche un approccio psicologico specifico adottato da chi esegue la medicazione riduce lo stress e il dolore durante la procedura, come ad esempio l’utilizzo di tecniche di rilassamento o di immaginazione visiva.

La rimozione della medicazione può potenzialmente provocare danni, in particolare al delicato tessuto di granulazione della ferita e della cute circostante. È perciò importante considerare l’utilizzo di medicazioni che favoriscono la guarigione in ambiente umido (ad esempio idrogel, idrofibre) e che sia noto essere atraumatiche alla rimozione (p. es. siliconi morbidi); se necessario bagnare la medicazione prima della rimozione. In caso di sanguinamento o trauma durante la rimozione in corrispondenza della lesione o del tessuto circostante è necessario rivalutare il tipo di materiale utilizzato nella medicazione. La combinazione corretta delle caratteristiche di una medicazione con lo stato della ferita e dei tessuti circostanti aiuta la gestione del dolore. I fattori che influenzano la scelta della medicazione devono considerare se essa è appropriata per il tipo e la condizione della ferita.

Si dovrebbero considerare le seguenti caratteristiche della medicazione:

  • mantenimento del giusto grado di umidità sulla ferita; atraumaticità per la ferita e la cute perilesionale;
  • capacità di assorbimento (capacità di trattamento/ritenzione di fluidi);
  • potenziale allergia.

Gli infermieri devono scegliere le medicazioni che rimangono in situ per più tempo, per evitare frequenti cambi. Inoltre si rende necessaria una rivalutazione costante della  medicazione poiché le condizioni della lesione possono cambiare e di conseguenza la scelta di una medicazione sbagliata può causare  dolore (14-19).

Conclusioni

Nella gestione del dolore procedurale correlato alla medicazione delle lesioni cutanee gli infermieri possono adottare strategie farmacologiche e non farmacologiche. Un approccio relazionale adeguato finalizzato alla costruzione di un rapporto di fiducia con il paziente si rivela una strategia vincente nella riduzione dell’ansia e dello stress e di conseguenza anche nella riduzione e nel controllo del dolore durante i cambi di medicazione. Raggiungere un controllo ottimale del dolore favorisce il processo di guarigione delle lesioni cutanee.

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