Il dolore fetale

La possibilità che un feto possa esperire sensazioni dolorose durante la vita intrauterina rappresenta non solo un argomento di elevato valore scientifico, ma anche una problematica di notevole carattere etico.

La definizione di dolore implica che lo stesso venga percepito e comunicato, in modo verbale o non verbale. Da questo concetto sono escluse situazioni complesse quali il dolore non cosciente (1, 2).

Negli ultimi anni si è  resa necessaria una rivalutazione circa le capacità fetali di poter rispondere emozionalmente e cognitivamente agli stimoli dolorosi, con la conseguente implicazione di modificare le attuali procedure chirurgiche ed applicarne  nuove atte a mitigare, ove presente, il dolore fetale (3).

Il dibattito solleva diverse questioni importanti circa la sua natura e le appropriate forme di trattamento (4, 5).

Nel Regno Unito il Royal College ed il British Council of Medical Research hanno incoraggiato  i ricercatori a pubblicare relazioni sul dolore fetale, aprendo un dibattito presso il British Parliamentary Science and Technology Select Committee (6).  Nel 2006 il Parlamento USA ha discusso l’atto relativo alla “percezione cosciente del dolore nel feto”, tuttavia, alla fine dei lavori non è stata varata una legge federale univoca, bensì solo decreti legislativi applicati discrezionalmente dai singoli stati.

Attualmente in Europa non esiste alcuna normativa relativa al dolore fetale.

Nella valutazione del dolore fetale vanno considerati due aspetti sostanziali: lo sviluppo neurobiologico del feto e lo sviluppo psicologico relativo alla percezione dello stimolo doloroso (7, 8).

Il sistema del dolore è filogeneticamente un sistema di allarme che ha il suo terminale nei recettori periferici ed il suo elaboratore nel sistema nervoso centrale (SNC). I recettori periferici del dolore sono chiamati nocicettori e consistono nelle terminazioni delle fibre A-delta e fibre C, queste ultime non mielinizzate. Tali fibre afferiscono al corno posteriore del midollo spinale e da qui si portano fino al talamo all’interno dell’encefalo.

Il punto chiave nello studio del dolore fetale consiste nello stabilire in quale epoca gestazionale esso possa evocare risposte riflesse e sensazione cognitive; senza la percezione cosciente, infatti, nessuno stimolo può essere elaborato (9).

Lo sviluppo del sistema nervoso ha origine dal 16° giorno successivo al concepimento dalla differenziazione di cellule ectodermiche con formazione della placca neurale (10, 11). Esse aumentano di spessore e si trasformano in cellule neuro ectodermiche. Sul piano mediano della placca neurale compare il solco neurale, delimitato dalle pieghe neurali. Queste ultime si fondono intorno al 21° giorno, trasformando il solco neurale nel tubo neurale. Successivamente il tubo neurale si deforma dando origine a tre vescicole chiamate proencefalo (cervello anteriore), mesencefalo (cervello medio), romboencefalo (cervello posteriore). Al 36° giorno il proencefalo si divide in due parti: telencefalo, anteriormente, che ampliandosi darà origine agli emisferi cerebrali, e diencefalo, posteriormente, da cui deriveranno talamo, ipotalamo, neuroipofisi e retina. Le terminazioni nervose libere iniziano a svilupparsi alla 7a settimana di gestazione e seguono un percorso che le porta al midollo spinale; da qui, attraverso il fascio spino-talamico, lo stimolo si porta fino al talamo, da dove poi si proietterà alla corteccia. Intorno alla 10a settimana le terminazioni nervose si estendono fino alla superficie cutanea. Più tardi compaiono strutture nocicettoriali di tipo immaturo. Gli organi interni sviluppano strutture nocicettoriali in un secondo momento, dopo la 13a settimana.

In questa fase gestazionale, tuttavia, il sistema nervoso fetale è immaturo; non vi sono segni di struttura laminare, tipica della maturità, sia nel talamo che nel resto della corteccia (12).

Fra la 12a e la 16a settimana di gestazione si osservano fibre talamo-corticali. Nella corteccia intanto originano grandi neuroni, potenzialmente capaci di elaborare l’informazione dello stimolo doloroso. In questo periodo la corteccia cerebrale si differenzia in due strati, di cui quello inferiore, chiamato sottostrato o sottoplacca, contiene le proiezioni talamiche.  La sottoplacca è una struttura fetale transitoria, uno strato al di sotto della placca corticale e serve come  compartimento d’attesa  per vari afferenti tra cui quelli talamici in viaggio per la piastra corticale. La sottoplacca recede dopo la 30a settimana di sviluppo fetale,  mentre la placca corticale matura nei sei strati della corteccia cerebrale.   Invece, per le fibre dirette talamocorticali, che non sono visibili quasi fino al terzo trimestre, le fibre afferenti talamiche iniziano a raggiungere la sottoplacca somatosensitiva alla 18a settimana di sviluppo (20a settimana di sviluppo gestazionale) e alla sottoplacca visiva alla 20a, fino alla 22a settimana gestazionale. Queste fibre afferenti appaiono morfologicamente mature, sufficienti a far sinapsi con i neuroni della sottoplacca (13), anche se nessuno studio umano ha mostrato che le sinapsi funzionanti esistano tra gli afferenti talamici e i neuroni della sottoplacca. I neuroni della sottoplacca possono inoltre fare sinapsi con i neuroni della placca corticale e dirigono la crescita degli afferenti talamici ai loro target finali sinaptici nella placca corticale. Nonostante questo ruolo evolutivo, non ci sono studi nel modello umano che hanno mostrato che le sinapsi tra i neuroni della sottoplacca  e della placca corticale trasmettano informazioni riguardo la percezione del dolore dal talamo alla corteccia che si sta formando.

Lo sviluppo delle funzioni percettive del dolore è in questo momento in una fase di transizione, in attesa che si formino connessioni mature fra le terminazioni talamiche e lo strato corticale superiore. La connessione successiva avviene invece intorno alla 23a settimana. Questo periodo rappresenta il limite minimo considerabile per l’ipotesi di una percezione del dolore da parte del feto (14).

Dalla 26a settimana di gestazione le stratificazioni del talamo e della corteccia acquisiscono caratteristiche simili a quelle di un cervello adulto. A questo punto le fibre del sottostrato corticale si trasferiscono massivamente verso lo strato superficiale, che aumenta di volume dalla 29a settimana di gestazione fino al termine. Progressivamente si formano nuove connessioni per rimpiazzare quelle precedenti. Questo processo di trasformazione e rimpiazzo è stato descritto da Goldman-Rakik nei primati e da Chugani negli esseri umani (15,16). Va considerato che, sebbene tali strutture siano potenzialmente sufficienti per la percezione algica, l’attività chimica della placenta favorisce il sonno ed evita l’attivazione corticale in presenza di una stimolazione nociva.

La mancata mielinizzazione  è stata in passato  considerata indice di mancata funzione del sistema nocicettivo del neonato pre-termine. Attualmente la conoscenza di fibre nervose amieliniche deputate alla trasmissione del dolore ha smentito tale tesi. L’incompleta mielinizzazione rallenta esclusivamente la velocità di conduzione dello stimolo doloroso, ciò viene tuttavia compensato dal fatto che nel neonato gli impulsi devono percorrere distanze molto inferiori rispetto a quelle di un soggetto adulto. Le vie nervose nocicettive del midollo spinale raggiungono la completa mielinizzazione fra il secondo e il terzo trimestre di gravidanza  Le vie del talamo e del tronco cerebrale completano la mielinizzazione alla 30a settimana, mentre quelle talamo-corticali la completano alla 37a settimana Va inoltre sottolineato che, parallelamente alla formazione di vie di conduzione afferente, nel feto si assiste alla progressiva formazione di vie di controllo inibitrici verso la nocicezione (17). Questo processo procede tuttavia lentamente, comportando una maggiore esposizione del feto allo stimolo doloroso. Studi neurochimici hanno evidenziato come nel feto il GABA sia il principale neurotrasmettitore eccitatorio. Questo ruolo si modifica nel periodo perinatale, trasformando in inibitorio il ruolo del GABA (8). Studi effettuati sui ratti evidenziano la presenza di  discendenti a funzione inibitoria già nelle prime fasi della vita fetale. Tali assoni tuttavia non si connettono con le corna posteriori del midollo e non influenzano ancora il processo sensoriale. I neurotrasmettitori deputati alla trasmissione di impulsi inibitori sono sostanzialmente rappresentati dalla serotonina e dalla noradrenalina. Anche il sistema degli oppioidi endogeni svolge un ruolo inibitorio nella percezione del dolore. Studi di istochimica evidenziano che nel midollo spinale fetale le encefaline compaiono fra le 12 e le 14 settimane di gestazione, mentre l’ipofisi è in grado di produrre beta-endorfina alla 20a settimana. Prima della 26a settimana la superficie del cervello fetale è pressoché liscia, quasi priva di solchi e giri). Solo alla 34a settimana si osserva un cervello con i caratteristici giri di superficie tipici di una struttura matura. A tale proposito Mc Kinsgtry et al. hanno studiato neonati prematuri, nati alla 25a settimana, nei quali le fibre corticali hanno un orientamento radiale che impedisce la diffusione di liquido  prevalentemente sulla superficie cerebrale (18, 19). Diversamente, neonati alla 35a settimana hanno una disposizione più matura di fibre corticali che inibisce uniformemente in tutte le direzioni la diffusione di liquido. Tuttavia, altri autori hanno registrato una risposta somatosensitiva in neonati alla 25a settimana, tramite la puntura dolorosa del tallone e ciò ha indotto numerosi AA a ritenere che questa sia la data in cui inizia la elaborazione-percezione elaborata del dolore fetale (20).

Neurobiologia fetale e risposta allo stress ormonale

Normalmente la risposta umana allo stress è caratterizzata da alterazioni ormonali e metaboliche che non includono componenti legate alla coscienza. Chimicamente si osserva un aumento dei valori circolanti di adrenalina, noradrenalina, glucagone, aldosterone, desossicorticosterone, 11-desossicortisolo e corticosterone (21).

Vanhatalo et al. hanno evidenziato che alla 23a settimana gestazionale, la puntura della vena splenica ha provocato un aumento di beta-endorfine e cortisolo, mentre la stimolazione del cordone ombelicale che non è innervato, non ha prodotto alcun effetto (22). Questa ricerca ha incoraggiato l’ipotesi secondo cui il feto possa percepire dolore, indipendentemente dalla maturità delle strutture talamico-corticali. Studi sul metabolismo cerebrale hanno evidenziato che il feto è in grado di produrre oppioidi endogeni già dalla 15a-17a settimana di gestazione. Ciò rafforza l’ipotesi di un sistema omeostatico deputato alla risposta verso uno stimolo algogeno. Le concentrazioni plasmatiche fetali di beta-endorfina e noradrenalina, in concomitanza con procedure invasive sulla vena epatica, sono risultate maggiori rispetto a quelle rilevate dopo puntura del cordone ombelicale. Uno studio analogo condotto da Giannakoulopoulos X et al. ha evidenziato  incrementi del 590% di endorfine, 183% di cortisolo e 196% di noradrenalina circolanti nel feto dopo puntura della vena epatica attraverso la parete addominale, per necessità di effettuare emotrasfusioni (23).

Lo stimolo nocicettivo, attivando l’asse ipotalamo-ipofisi-surrene (IIS), determina tachicardia ed aumento della PA.  Ma molti autori sottolineano che si tratti tuttavia di risposte riflesse che si attivano quando lo stimolo raggiunge l’ipotalamo, senza che vi sia un conseguente coinvolgimento corticale (24). I mutamenti emodinamici e  neuroendocrini di feti sottoposti a stimoli stressogeni sono stati  inoltre utilizzati per valutare l’eventuale percezione del dolore (25).Alla 16a settimana il flusso ematico cerebrale aumenta durante la puntura venosa della vena fetale epatica con accesso trans-parieto-addominale (un’area ben innervata) (19), ma lo stesso fenomeno non si verifica se viene punto il cordone ombelicale (sprovvisto di innervazione) (26). Anaud et al. hanno evidenziato in una loro sperimentazione che il Fentanyl somministrato a feti sottoposti  a trattamenti chirurgici, riduce significativamente la risposta allo stress (27).

Altri autori hanno studiato tale risposta introducendo un ago in cavità uterina dopo la 18a settimana di gestazione, evidenziando mutamenti emodinamici della circolazione fetale tendenti ad iperperfondere organi essenziali come il cervello, che si riducevano quando si effettuava un’analgesia al feto mediante oppioidi (28).

La catena di reazioni chimiche ormonali del feto allo stress è stata collegata all’attivazione del sistema ipotalamo-ipofisi-surrene (IIS) che alla 18a settimana è verosimilmente funzionante. Essendo un sistema subcorticale, esso non è legato alla percezione cosciente.

Si tratta perlopiù di risposte spinali, non legate all’attività cerebrale, quindi non percepite come dolore (29).

Dopo la 23a settimana, le stimolazioni cutanee del feto causano ipereccitabilità e movimenti dei quattro arti (30).

Questi movimenti divengono maggiormente coordinati dopo la 26a settimana. La valutazione elettrofisiologica dei potenziali evocati ha dimostrato che gli input talamici raggiungono la corteccia alla 29a settimana.  Questa ricerca tuttavia non fornisce dati significativi a sostegno di una percezione cognitiva dello stimolo doloroso.

Si tratta di risposte comunque ancora confinate alle aree sottocorticali che non coinvolgono i centri corticali maggiori (31).

La dinamica delle risposte riflesse alla percezione dolorosa senza elaborazione corticale passa attraverso una serie di tappe: recettori sensitivi periferici, interneuroni spinali, neuroni motori che innescano la contrazione muscolare di risposta (20). Studi effettuati da Mallor et al. (32) suggeriscono che mai il feto entri in uno stato di vigilanza durante la vita intrauterina. Ciò sarebbe legato alla sua presenza in un habitat caldo e confortevole che induce uno stato sovrapponibile al sonno. Presumibilmente il sonno fetale è uno stato particolare, diverso dalla vigilanza ma anche dal sonno dell’adulto. Una risposta subcorticale fetale allo stimolo doloroso indica una capacità reattiva, tuttavia l’attuale incompletezza di conoscenze neuroscientifiche rende difficile la risposta alla domanda se il feto possa o meno elaborare lo stimolo algico. Studi basati sulla tomografia ad emissione di positroni (PET) hanno evidenziato un alto consumo di glucosio nell’area somatosensoriale della corteccia cerebrale del feto. Ciò suggerisce l’ipotesi che un alto metabolismo corticale si associ anche ad un’attività che includa sensibilità (Chugani HT et al.) Alcuni ricercatori sostengono che i più precoci pattern EEG associati alla vigilanza compaiono intorno alla 30a settimana (33); la vigilanza tuttavia non è sinonimo di coscienza, poiché pazienti in stato vegetativo possono presentare EEG simili a quelli in stato vigile.

Aspetti della psicologia fetale

Non essendovi accesso sperimentabile alla sfera mentale del feto, le deduzioni ipotetiche sullo psichismo fetale sono derivate da evidenze secondarie. In base ai dati sullo sviluppo neurologico fetale si deduce che la prima esperienza mentale di dolore possa essere vissuta dal feto a partire dalla 26a settimana di gestazione Un altro aspetto da considerare è la particolarità dell’ambiente intrauterino dove il feto vive in uno stato di pseudosopore ed in presenza di stimoli esterni non attiva le funzioni corticali superiori. Ad esempio, la risposta fetale all’ipossia ed all’asfissia è caratterizzata dalla cessazione dei movimenti autonomi e da uno stato ipometabolico rilevabile all’EEG. Si tratta di reazioni che chiaramente non coinvolgono alcuna funzione cosciente (34).

Un ultimo ostacolo nel paragonare l’esperienza del dolore fetale a quella dell’adulto è rappresentato dal processo evolutivo post-natale.  La mente del neonato ha dei contenuti minimi che gradualmente evolvono nell’esperienza dell’adulto. Per immaginare che la mente del feto abbia la capacità di elaborare il dolore è necessario dimostrare che il suo tessuto nervoso codifichi l’esperienza dolorosa creando una categoria senza che vi si stata esperienza di vissuto.

Concetto di dolore

Secondo la IASP il dolore è un’esperienza sensoriale ed emozionale spiacevole associata a danno tessutale, in atto o potenziale, o descritta in termini di danno. In assenza di uno stato di coscienza si può avere una risposta  ad una stimolazione dannosa ma non si può avere un’esperienza cognitiva del dolore. La funzione cosciente è legata al completo sviluppo  ed alla funzionalità dei circuiti neuronali deputati a trasportarla. I mutamenti dell’attività della corteccia frontale, per esempio,  si verificano quando si sviluppano i relativi comportamenti cognitivi (35).

L’atto della nascita si accompagna ad un massiccio incremento di input sensoriali esterni al cervello che contribuisce all’organizzazione dei neuroni. È il bagaglio di esperienze sensoriali che porta l’individuo a creare la categoria “dolore”. Questo bagaglio è inesistente nel periodo fetale. Verosimilmente, quindi, il feto non ha una percezione concettuale delle sue sensazioni, quindi potrebbe percepire dolore ma non elaborarlo cognitivamente (36).

Gli autori che sostengono la possibilità di elaborazione del dolore da parte del feto, tentano implicitamente di apportare modifiche alla definizione di dolore della IASP, facendo valere il concetto secondo cui: l’incapacità di comunicare il dolore verbalmente non nega che l’individuo lo stia provando e che abbia bisogno di cure per alleviarne la sensazione derivata. Esiste una grande differenza fra la percezione di una sensazione e l’esserne cosciente. Va riveduto il concetto abituale secondo cui una percezione, per essere attendibile ad un osservatore esterno, debba essere comunicata. Individui impossibilitati a comunicare possono teoricamente provare sensazioni senza poterle esternare e ciò non vuol dire che tali sensazioni non siano genuine.

In sintesi, sulla base delle attuali sperimentazioni, l’ipotesi relativa al dolore fetale percepito ed elaborato rimane tuttora senza risposta. Questa incertezza induce ad attendere ulteriori conferme sperimentali, prima di mutare i protocolli in uso. Va sottolineato che attualmente la chirurgia sul feto sta avendo un notevole sviluppo. In numerosi centri si interviene in epoca prenatale per  correggere malformazioni quali: adenomatosi cistica polmonare, ernia diaframmatica congenita, ostruzioni basse delle vie urinarie, idrotorace, teratomi sacro-coccigei.

L’uso di provvedimenti analgesici o anestetici durante le procedure in utero rimane per ora  una metodica a discrezione del team medico responsabile (37-40).

Si può concludere che tutte le prove attuali indicano che il dolore fetale è improbabile prima del terzo trimestre e che l’elettroencefalografia sembra indicare che la capacità per una percezione funzionale del dolore in neonati prematuri probabilmente non esiste prima delle 29 o 30 settimane (41). Siamo fiduciosi sul fatto che il feto non provi dolore in utero perché i neuroinibitori presenti nell’ambiente intrauterino e la scarsità di sviluppo psicologico mantengono l’incoscienza e prevengono l’esperienza del dolore cosciente (43).Prima che il neonato possa sperimentare sensazioni ed emozioni, gli elementi dell’esperienza devono avere la loro esistenza indipendente nella mente dello stesso. Questo viene raggiunto dopo la nascita attraverso le scoperte fatte tramite l’azione e  tramite modelli di interazione con chi lo accudisce.

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