Approccio al paziente con dolore cronico

L’International Association for the Study of Pain descrive il dolore come un’esperienza sensoriale ed emotiva spiacevole associata ad un danno reale o potenziale del tessuto.
Tale definizione, supportata anche dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, evidenzia come il dolore non debba essere inteso solo come sintomo di una lesione corporea ma, soprattutto, come un’esperienza somato-psichica.
La percezione dell’intensità del dolore non è proporzionale all’estensione del danno tessutale ma dipende da una interazione tra fattori fisici, psicologici, culturali e spirituali. Un’adeguata valutazione e misurazione del dolore è il primo passo per ottenere una strategia per il controllo del dolore. Essa ha lo scopo di identificarne la causa, la tipologia e la sede, l’intensità e la durata, i fattori scatenanti e quelli che alleviano il sintomo, il grado di interferenza con la qualità di vita del paziente: il lavoro, la vita sociale, le emozioni, il sonno, l’appetito, il tono dell’umore e l’attività sessuale. Per ottenere un’anamnesi accurata è fondamentale instaurare una buona comunicazione in un triangolo di figure costituite dal medico, dal personale infermieristico e dal paziente ed utilizzare strumenti di valutazione del dolore più oggettivi e precisi, avvalendosi di scale di riferimento e questionari che devono essere, necessariamente semplici, non contraddittori e facilmente riproducibili in modo da garantirne l’uso più volte al giorno.

LE SCALE DI VALUTAZIONE

Esistono diverse scale in grado di misurare globalmente l’intensità del dolore o il suo sollievo: la scala descrittiva semplice (SDS), la più utilizzata, che prevede quattro o cinque categorie (assente, lieve, moderato, intenso, molto intenso); la scala numerica (NS), che permette al malato di dare un numero al dolore, da 0, pari a “nessun dolore”, a 10 (o 100), “massimo dolore immaginabile”; la scala analogica visiva (VAS), che si presenta graficamente come una linea orizzontale da 100 mm orientata da sinistra verso destra, in base alla quale l’intensità viene indicata da 0 a 10 (o da 0 a 100), in cui le due estremità della linea sono definite da “nessun dolore” e dal “massimo dolore immaginabile”. Il McGill Pain Questionnaire è invece un questionario capace di classificare il dolore sulla base di 3 fattori: sensoriale, emotivo e valutativo.
Un ruolo prominente è rivestito dalla sfera psicologica che accompagna il dolore, in particolare la paura e l’angoscia nel dolore acuto; le limitazioni fisiche, l’anoressia, l’alterazione del ciclo sonno-veglia e la depressione nelle forme croniche. Il disturbo depressivo, nello specifico, è stato analizzato in differenti studi che riportano un tasso di prevalenza nei pazienti con dolore cronico intorno al 52%, e nei pazienti con disturbi depressivi intorno al 65% (1).
In studi condotti in ambienti ospedalieri circa il 69% dei pazienti con disturbi depressivi presenta dolore medio-moderato, mentre solo il 38,6% dei pazienti senza disturbi depressivi presenta tale sintomatologia algica (2). I pazienti con multipli sintomi algici hanno una probabilità da 2 a 5 volte superiore di sviluppare disturbi depressivi (3). L’associazione tra dolore e disturbi depressivi diviene più forte quando aumenta la gravità di entrambe le condizioni.
Le strette relazioni tra dolore cronico e depressione sono giustificate dal coinvolgimento delle stesse aree cerebrali. Diversi studi con la RM funzionale hanno confermato il ruolo centrale dell’insula nella processazione del dolore, nonché il suo ruolo nell’elaborazione degli aspetti sensoriali e discriminativi del dolore e nell’integrazione delle componenti sensitive e cognitive della percezione algica (4,5).
Una recente revisione della letteratura ha inoltre evidenziato che un’attivazione significativa della corteccia prefrontale viene frequentemente osservata in associazione a condizioni di dolore cronico (6).
Honda et al. nel loro studio evidenziano come la corteccia cingolata anteriore, collegata a strutture cerebrali che influenzano la valenza emozionale del pensiero, le risposte autonomiche e viscerali e la regolazione del tono dell’umore, sia alterata nella depressione e presenti un flusso ematico ridotto nei pazienti con dolore cronico (7).

Studi di neuroimaging hanno evidenziato un incremento del flusso ematico nell’amigdala, area coinvolta nei sistemi di comparazione degli stimoli ricevuti con le esperienze passate, nei sistemi della memoria emozionale, nei pazienti con disturbi depressivi (8) ed un’attivazione della stessa in risposta a differenti stimoli algici (9,10), contribuendo proprio alle componenti affettive del dolore.
Altra struttura limbica associata alla motivazione, al controllo delle emozioni ed alla memoria che gioca un importante ruolo nel controllo delle risposte allo stress, è l’ippocampo il quale presenta un volume ridotto negli adulti affetti da disturbi depressivi (11,12) e risulta attivato, in volontari sani, in risposta a stimoli algici (13).
A giustificare la comorbidità tra dolore cronico e depressione e le analogie nel coinvolgimento delle stesse strutture anatomiche, ci sono: la sofferenza quotidiana che perdura da mesi, il sottoporsi a svariati test clinici e diagnostici, esami di approfondimento, fisioterapie, interventi chirurgici e terapie alternative, tutti fattori causa di frustrazione fisica e psicologica oltre che a volte senso di sfiducia negli specialisti (14).
Inoltre, i pazienti sofferenti vanno incontro a modificazioni del proprio stile di vita: interruzione o riduzione dell’attività lavorativa, impossibilità a gestire casa e famiglia, abbandono di attività sportive e hobby e difficoltà nelle relazioni sociali; questi aspetti, oltre alla sofferenza, devono pertanto essere compresi dal personale sanitario.
Prioritario è l’aspetto legato all’emotività. Le emozioni sono valutazioni dinamiche che il soggetto compie verso il mondo circostante, decretando la positività e la negatività degli eventi. Spesso sono esplicitate attraverso le parole, altre volte attraverso una comunicazione non verbale.
Per quanto riguarda l’aspetto cognitivo-comportamentale del paziente con dolore cronico, si registra una diminuzione di rinforzi positivi che, associati alle limitazioni fisiche e ai disturbi legati ad una riduzione del tono dell’ umore, alimentano il circolo vizioso tra dolore, riduzione dei rinforzi positivi e depressione. Depressione che spesso è anche responsabile del fallimento delle terapie antalgiche, per mancata compliance del paziente.
Pertanto si consiglia una valutazione globale del dolore nei suoi aspetti affettivo-cognitivo-comportamentali, senza tralasciare la sua componente nocicettiva, che necessita indubbiamente di un trattamento adeguato.

Concludendo, nell’approccio al paziente con dolore è necessario:
affidarsi all’autovalutazione del malato;
considerare l’incidenza del dolore sulla qualità di vita del paziente;
osservare e riconoscere la tipologia del dolore;
dare rilievo all’unità psicobiologica del paziente e quindi adottare interventi multidisciplinari volti ad alleviare la sofferenza;
riconoscere e trattare tempestivamente l’eventuale presenza di depressione.

Bibliografia

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3. Von Korff M, Dworkin SF, Le Resche L, Kruger A. An epidemiologic comparison of pain complaints. Pain 1988;32(2):173‐83.
4. Baliki M, Chialvo D, Geha P, Levy R, Harden N, Parrish T, and Apkarian V. Chronic pain and the emotional brain: specific brain activity associated with spontaneous fluctuations of intensity of chronic back pain. J Neurosci 2006;26:12165-73.
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10. Carrasquillo Y, Gereau R. Activation of the extracellular signal regulated kinase in the amygdala modulates pain perception. J Neurosci 2007;27:1543-51.
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13. Bingel U, Quante M, Knab R, Bromm B, Weiller C, Buchel C. Subcortical structures involved in pain processing: evidence from single-trial fMRI. Pain 2002;99:313-21.
14. Molinari E, Castelnuovo G. Psicologia clinica del dolore. Springer-Verlag Italia,2010.