Nuove prospettive nella cura dell’artrosi

La società moderna ha una altissima incidenza e prevalenza di osteo-artrosi (OA) [1,2]. Ciò ha diverse conseguenze, soprattutto sull’epidemiologia del dolore, sulla qualità della vita e sulla funzionalità dei pazienti [3-5]. La medicina classica era da sempre convinta che l’unico fattore alla base dell’OA fosse l’infiammazione [6]. Sulla base di questo presupposto fortemente convincente, tutta la terapia era basata essenzialmente su farmaci antinfiammatori, oppure sulla combinazione di farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) e oppioidi [7,8]. Questo comune approccio terapeutico ha avuto diverse conseguenze, anche in termini di effetti collaterali indesiderati [8,9]. Molti autori hanno proposto strategie per ottimizzare il trattamento con i FANS, soprattutto nei pazienti anziani in trattamento cronico per OA [10,11].

Negli ultimi decenni questo concetto sta cambiando e un numero crescente di ricerche, sia di base che cliniche, sta sempre più approfonditamente cercando di chiarire tutti i fattori di rischio coinvolti nella fisiopatologia dell’OA. Questo argomento è stato recentemente rivisto [12]. Gli autori hanno chiarito il ruolo cruciale delle microlesioni subcondrali alla base della degenerazione cartilaginea e della formazione di ossa ectopiche e osteofiti. L’osso subcondrale è responsabile della nutrizione e del sostegno della cartilagine. Pertanto, le sue lesioni generano un’importante alterazione della normale fisiologia articolare. Questo ha un’ovvia origine meccanica. Quindi, è particolarmente vero in alcuni casi, come l’artrosi del ginocchio. Importanti cofattori sono l’età [13], il microambiente dell’osso subcondrale [14,15], il peso corporeo [16], la sindrome metabolica [17], la sarcopenia [18] e altri.

L’indagine approfondita sui fattori di rischio e le cause scatenanti è indirizzata a trovare nuovi, diversi approcci allo studio e alla cura dell’OA. Quindi, a partire dalla fine degli anni ’80, l’ambiente articolare infiammato è stato studiato utilizzando le scansioni con radionuclidi [19]. Più recentemente, l’argomento è stato rivisto e gli autori hanno cercato di chiarire a che punto è la ricerca su questo aspetto dell’OA [20]. Questi percorsi non sono stati finora molto produttivi, dal punto di vista clinico, ma i clinici sono ancora fiduciosi e aspettano qualche sviluppo utile, in quella direzione.

Un’ulteriore frontiera di nuove indagini è rivolta a comprendere meglio i profili metabolici delle articolazioni e le potenzialità di trovare biomarcatori per una diagnosi più semplice e un supporto terapeutico nei pazienti con OA. La metabolomica dell’osso fisiologico e degenerato è stata recentemente chiarita [21]. L’argomento viene studiato a partire dagli aspetti macroscopici, relativi agli effetti dell’obesità e dei fattori metabolici nell’OA [22]. Uno studio più approfondito che integra metabolomica e trascrittomica ha dimostrato le interessanti potenzialità di questo percorso di ricerca, spiegando il processo infiammatorio, la distruzione articolare e i disordini metabolici nei pazienti con OA [23]. In altri termini, gli aspetti metabolici in questi pazienti sono estremamente importanti e dovrebbero essere meglio compresi se i medici vogliono avere il loro supporto nella clinica quotidiana e le loro promettenti prospettive per futuri approcci terapeutici [24,25]. Gli aspetti metabolici suggeriscono anche un ruolo per il microbiota intestinale [26] e per lo stress ossidativo [27]. Quest’ultimo fattore, già mostrato come molto importante nel processo di neuroinfiammazione, neurodegenerazione e dolore [28], si pensa abbia un ruolo cruciale nei processi infiammatori cronici, con potenziali interessanti possibilità per una migliore terapia [26].

Questo nuovo interessante approccio ha stimolato sempre di più la ricerca di base. Alcuni scienziati stanno studiando i cambiamenti metabolomici su diversi modelli di dolore negli animali [29]. Più recentemente, un altro gruppo ha proposto nuovi interessanti risultati di ricerca, basati sullo studio di due diversi modelli di dolore (infiammatorio e neuropatico) nei topi, con un’analisi approfondita dell’aspetto metabolomico del sistema nervoso [30].

In conclusione, l’argomento è particolarmente attuale. Ci auguriamo che tutti gli scienziati interessati ad una conoscenza approfondita dell’OA, e delle modificazioni fisiopatologiche nei pazienti affetti da questa patologia, contribuiscano con le loro conoscenze scientifiche. L’importanza di questa patologia nella società attuale è tale che la Medicina, e in particolare la Medicina del Dolore, deve trovare nuovi percorsi terapeutici per una cura efficace e una riduzione di peso sociale e economico della malattia.

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