Possediamo o no un senso del dolore?

Riassunto

I criteri atti a individuare i sensi cercano di rispondere a una domanda metafisico-definitoria, che indaga che cos’è una modalità sensoriale, e a una domanda classificatoria, che indaga in che modo è possibile distinguere tra loro i sensi. In questo paper, discuto l’applicazione dei criteri del senso comune, fisico, fisiologico, oggettuale, esperienziale, esperienziale-ontologico e sottrattivo al dolore. Il dolore viene utilizzato per esemplificare ciò che chiamo “zona grigia extramodale”. Ogni zona grigia propone ai filosofi interessati a definire e classificare i sensi un test utile per indagare i risultati dell’applicazione del proprio criterio ai casi problematici ricadenti sotto di essa. Nella zona grigia extramodale sono compresi gruppi di stati mentali di cui è dubbia la rilevanza per la compilazione del catalogo dei sensi, essendo poco chiaro se tali stati mentali siano effettivamente stati percettivi e se costituiscano o meno una modalità sensoriale autonoma.
Parole chiave: dolore; individuazione dei sensi; zona grigia extramodale; criterio esperienziale-ontologico; criterio sottrattivo

Ricevuto il 24 settembre 2018

Accettato dopo revisione il 27 ottobre 2018
DOI: 10.19190/PNM2018.1_co53

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Dinamiche e variabili etniche del pain management

RIASSUNTO
Il multiculturalismo rappresenta per gli operatori della salute una sfida importante, ancor più quando si tratta di interpretare e trattare fenomeni come quello del dolore, che rappresenta forse il sintomo più influenzato dalle dinamiche culturali. Numerosi studi hanno infatti evidenziato la sussistenza di forti differenze etniche nella percezione e nell’espressione del dolore. Queste spesso possono indurre errate valutazioni e trattamenti, suggerendo la necessità di approfondire la correlazione tra dolore e variabili culturali. L’obiettivo è favorire lo sviluppo di una reale “cultural competence” per rispondere alle nuove e complesse richieste di salute della popolazione.

Parole chiave: competenza culturale, differenze etniche, dolore
DOI: DOI: 10.19190/PNM2017.2_3co67
Pain Nursing Magazine 2017; 6: 67-69

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Canadian nursing curriculum in pain management

ABSTRACT

Although pain education has been identified as a strategy to improve ineffective pain management practices, recent evidence in Canada supports the continuing lack of pain content in health science curricula. The health science programs include mandatory formal pain content. Nursing curriculum include the average total time designated for formal pain teaching over the entire academic training program of 31 hours with a total of nine specific national pain competencies related to pain assessment and two nonspecific pain competencies related to palliative and/or end-of-life care needs. Nevertheless the universities are not able to estimate the duration of pain contents and indicate that it is variable depending on the particular clinical placement. The International Association for the Study of Pain established coordinated curriculum guidelines for individual professions, including Nursing, and these competencies represent the expectation of minimal capabilities for graduating nursing students for pain management. In the meantime, an interprofessional group of North American pain experts developed core competencies in pain management for pre-licensure clinical education. This work is an important contribution to ensuring competence in essential knowledge and skills to provide effective pain management on graduation

KEYWORDS: pain management, undergraduate nursing curriculum.

Received: June 23, 2015
Accepted: July 7, 2015

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La comunicazione ipnotica nei pazienti in cure palliative ospedaliere

RIASSUNTO
Nelle cure palliative il focus è sul controllo dei sintomi e delle conseguenze psicologiche, sociali e spirituali della malattia per il raggiungimento della miglior qualità di vita possibile per i pazienti e per le loro famiglie. Trattandosi di una disciplina che vede il paziente come un “tutto”, che esprime bisogni su diversi piani (biologico, psicologico, esistenziale), è naturale che la medicina palliativa consideri tra gli strumenti terapeutici quegli approcci integrativi che comprendano il rapporto mente-corpo. Da questo punto di vista l’ipnosi, oltre a poter controllare i sintomi della malattia, può aiutare a gestire gli effetti collaterali dei trattamenti e contribuire a controllare l’ansia, la depressione, favorendo il coinvolgimento attivo della persona nel progetto di cura e la riacquisizione, per quanto possibile, di controllo sulla propria vita.
Lo studio è stato realizzato presso l’Azienda Ospedaliera Città della Salute e della Scienza di Torino con l’obiettivo di evidenziare se l’ipnosi può essere una terapia complementare a quella farmacologica per migliorare la qualità di vita dei pazienti in cure palliative. Sono stati coinvolti 10 pazienti e ad ognuno è stato somministrato il questionario Edmonton Symptom Assessment System (ESAS) pre e post seduta per rilevare variazioni nella percezione dell’intensità dei sintomi provati. L’analisi dei risultati ha evidenziato il raggiungimento di un buono stato di rilassamento, una riduzione dell’ansia e del dolore, aumento dell’energia fisica con miglioramento della qualità del sonno e ridotta difficoltà respiratoria. L’ipnosi può, pertanto, essere considerata una efficace terapia complementare a quella farmacologica per il controllo dei sintomi.
PAROLE CHIAVE: cure palliative, ipnosi, riduzione del dolore.

Pain Nursing Magazine 2015; 4: 65-72

Ricevuto: 7 maggio 2015
Ricevuta revisione: 7 giugno 2015
Accettato: 12 giugno 2015

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Il dolore nel mondo animale: un’altra categoria di pazienti non verbalizzanti

RIASSUNTO

Gli animali, così come i pazienti umani non verbalizzanti, non sono in grado di esprimere a parole la presenza di dolore, ma, esattamente allo stesso modo degli uomini, sono in grado di provarlo e di subirne tutte le conseguenze: un dolore non controllato e prolungato ha infatti effetti sfavorevoli anche negli animali, potendone compromettere le capacità di guarigione e la qualità della vita. Il trattamento del dolore dovrebbe pertanto rappresentare una componente essenziale anche delle cure veterinarie, ma la difficoltà nell’individuare nell’animale la presenza di stati algici limita spesso l’applicazione di una appropriata terapia antalgica. La comunità scientifica si sta pertanto adoperando affinché tale limite possa essere superato: se si arrivasse a delineare delle linee guida diagnostiche e terapeutiche applicabili per il controllo del dolore animale, si farebbe un grande passo avanti nel garantire anche a questa classe di pazienti il diritto di non soffrire.

PAROLE CHIAVE: animali, CeSDA, diagnosi, dolore

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