Gestione domiciliare del dolore nel paziente pediatrico sottoposto a sistema di allungamento osseo secondo il metodo Ilizarov

Introduzione

L’Apparato d’Ilizarov è un fissatore esterno circolare ideato dal prof. Gavriil Abramovich Ilizarov nei primi anni ’50, con l’intento di effettuare interventi incruenti e non traumatici sulle articolazioni e sulle ossa, senza nessuna incisione o altro approccio invasivo, interferendo quindi in minima parte con i fisiologici processi riparativi dell’osso e dei tessuti molli.

L’apparato, utile sia per la riparazione di capi ossei lesi da processi fratturativi, sia per garantire l’allungamento nei casi di dismetria o dismorfosi che prevedano osteotomie, è in grado di immobilizzare i frammenti di frattura conferendo loro una stabilità non rigida, bensì elastica. Esso non crea un by-pass esterno, ma tramite l’elasticità dei fili transossei convoglia tutte le forze di pressione all’interno dell’osso, favorendo la formazione naturale del callo, secondo leggi biologiche, in quanto la motilità controllata e ciclica dei frammenti ossei secondo il loro asse longitudinale è osteogenetica.
Altro principio fondamentale della metodica è l’immediata ripresa funzionale, grazie anche alla possibilità di ridurre eventuali complicanze dovute a eventi fratturativi, flogosi, edema, atrofia muscolare, rigidità articolari legate alla patologia in trattamento.
Secondo Ilizarov l’osso può crescere in maniera guidata e controllata, con la crescita consensuale di cute, muscoli, vasi e nervi; questo permette di affermare come l’osso sia dunque una struttura pienamente dinamica.

L’utilizzo dell’apparecchio di Ilizarov, è divenuto ormai quasi insostituibile nei casi di gravi alterazioni della funzionalità osteo-articolare, soprattutto nei casi in cui le tecniche tradizionali incontrano difficoltà spesso insormontabili. I controlli dell’apparecchio vengono eseguiti in regime ambulatoriale e la pulizia delle sue varie componenti può essere garantita semplicemente mediante lavaggi con soluzioni antisettiche.

Il controllo dei fili trapassanti nell’osso e delle varie componenti dell’apparato è di fondamentale importanza, in quanto la perdita di tensione e/o di stabilità può inficiarne il risultato finale, creando anche problemi locali di sepsi.

Le indicazioni del metodo di distrazione riguardano i bambini con gravi deformità a carico dei tessuti molli e delle ossa. Esso non costituisce intervento d’elezione, ma è applicabile preferibilmente alle patologie estreme o dopo il fallimento degli interventi tradizionali. La metodica di Ilizarov si utilizza in due modi: terapia incruenta (senza osteotomia) e terapia cruenta (con osteotomia). Il metodo incruento è efficace solo sullo scheletro in evoluzione, e pertanto può essere applicato fino a 10-12 anni. Esso ha i seguenti vantaggi: non causa lesioni osteo-cartilaginee e non compromette pertanto l’ulteriore accrescimento dello scheletro, allunga le parti molli, ripristinando la proporzionalità con ledimensioni scheletriche, elimina l’eventuale azione deformante di parti molli retratte e di forze muscolari a direzione anomala, consente l’ipercorrezione della deformità con iperallungamento delle parti molli, che diminuisce la frequenza di recidive. È una metodica indicata negli adolescenti dopo i 12 anni, per malformazioni e deformità strutturate e gravi qualora con interventi elettivi (trasposizioni tendinee, aponeuro-miolisi, osteotomie-resezioni limitate) non sia più possibile ottenere un ripristino morfologico e funzionale accettabile dell’arto.

L’apparato di Ilizarov, oltre ad avere un impatto emotivo e psicologico per il paziente di non trascurabile entità, può causare dolore che in genere risulta essere legato all’intero processo di allungamento dei capi ossei, alla sua semplice permanenza nella sede di applicazione, alle attività della vita quotidiana del  paziente, alla presenza di fenomeni flogistici o settici, a traumi accidentali e allo stimolo fisioterapico. Per quanto riguarda l’utilizzo di tale metodica nei casi di allungamento osseo, uno studio condotto da Ostiak et al. (2), metteva in luce come la percezione algica, fosse caratterizzatada rapido aumento iniziale e poi come essa fosse per lo più  localizzata punto di inserzione nel piano cutaneo dei fissatori ossei posti a livello tibiale (2).

In accordo con gli studi di Ostiak, i pazienti in genere riferiscono un dolore di tipo penetrante a partenza dal punto di ingresso nel piano cutaneo del fissatore di ancoraggio all’osso, tale manifestazione algica può irradiarsi per tutta la lunghezza dell’arto. Nel bambino le percezioni dolorose sono in genere più intense che nell’adulto e sono spesso correlate all’ansia e al timore di incorrere in nuovi trattamenti medici di qualsiasi genere.

Durante la fase iniziale della stimolazione dell’allungamento, mediante la modifica della lunghezza della distanza degli anelli, il dolore aumenta in maniera intensa per diverse ore, raggiungendo un plateau di intensità e poi diminuendo in maniera progressiva.

Il seguente caso clinico dimostra come uno schema di terapia analgesica ritagliato sulle caratteristiche del dolore del paziente nonché sulle modalità di intervento che il protocollo di allungamento prevede, possa garantire non solo il controllo antalgico ma anche incidere in maniera positiva sulla qualità della vita, migliorando e agevolando anche la possibilità di recupero tramite eventuali interventi di fisioterapia post-operatoria.

Caso clinico

È giunto nel nostro ambulatorio di Terapia del Dolore un bambino di 8 anni del peso di 38 kg, altezza di 1,36 m, con applicato un fissatore esterno circolare secondo la tecnica Ilizarov invasiva associata ad osteotomia del femore della tibia e della fibula, in quanto affetto da dismetria dell’arto inferiore dx con sindattilia del terzo e quarto dito del piede e agenesia del quinto.

Al momento della prima visita (T0) il piccolo paziente lamentava dolore insopportabile per lo più di notte (NRS 10) con risvegli notturni frequenti (3-4 per notte) associati a crisi di pianto legate alla sintomatologia algica. Le ore di riposo erano meno di 4 per notte.

Il dolore era presente anche di giorno ma a suo dire era considerato sopportabile (NRS 6), anche se comunque limitava notevolmente le attività della vita quotidiana del piccolo (Karnofski Index 50), impedendogli anche di andare a scuola ed obbligando i familiari a seguirlo costantemente nell’intero arco della giornata. Il piccolo paziente era obbligato a trascorrere la maggior parte della giornata a letto o in sedia a rotelle. Il dolore risultava aumentato anche da ogni tentativo di mobilizzazione attiva e passiva dell’arto.

L’apparecchio di Ilizarov era stato applicato due settimane prima della visita presso il nostro ambulatorio ed il paziente si trovava nella fase di stimolo dell’allungamento osseo, con target fissato a 13 cm, di cui i primi 7 da raggiungere nel corso del primo mese di terapia.

L’arto del paziente appariva normocromico, normoirrorato e non edematoso, senza apparente differenza nel tono muscolare dei due arti inferiori; veniva eseguito un controllo delle ferite chirurgiche che risultavano in ordine ed in buone condizioni, nonostante la difficoltà nel prestare ogni tipo di medicazione e antisepsi delle stesse a causa del dolore insostenibile riferito e associato a crisi violente di pianto.

Veniva impostata pertanto la seguente terapia antalgica: paracetamolo 250 mg 3 volte/die circa venti minuti prima di eseguire l’allungamento osseo e paracetamolo 200 mg più codeina fosfato 5 mg da somministrare per via rettale la sera, prima di andare a dormire.

Abbiamo seguito il piccolo paziente a domicilio considerando utili ai fini della nostra valutazione quattro controlli distanza di tre giorni (T1), una settimana (T2), due settimane (T3) e al termine della prima fase di allungamento, effettuata a circa 40 giorni (T4) dal momento della prima visita nel nostro ambulatorio.

Durante ogni valutazione si effettuava controllo del dolore giornaliero e notturno, degli episodi di dolore intenso, del performance status tramite indice di Karnofski (KI), della capacità di mobilizzazione attiva, passiva, della capacità di deambulazione assistita o in autonomia e dello stato di agitazione e ansia del bambino.

Si è provveduto anche a medicare le ferite chirurgiche con soluzione iodata ed acqua fisiologica, con la semplice irrigazione del sito; in una sola occasione data la presenza di materiale purulento, in una ferita localizzata sulla coscia, è stato necessario intervenire in maniera più invasiva eseguendo un tampone con prelievo in profondità e successiva coltura batteriologica del materiale biologico presente, senza peraltro repertare alcuna positività di infezione nel campione analizzato. Per effettuare tali manovre sono stati somministrati 0,5 mg di Lormetazepam e durante la loro esecuzione il bambino veniva distratto mediante l’utilizzo di un videogioco elettronico.

Risultati

Le valutazioni effettuate hanno messo in luce una netta riduzione della percezione algica da parte del soggetto. Abbiamo ottenuto una riduzione del dolore, passando da un NRS di 6 con 3-4 episodi di dolori intenso notturno (DEI notturno) con NRS 10, a NRS 4 con 2 DEI notturni con NRS 7 dopo 3 giorni, ma con un KI ancora di 50 (T1). A T2 e T3, rispettivamente una e due settimane dopo la prima visita, l’NRS risultava di 3 con 1 DEI notturno con NRS 4. Dopo 40 giorni il dolore diurno  registrava un NRS di 2, senza nessun DEI notturno.

Il piccolo paziente, con l’aiuto della terapia antalgica impostata, dopo una settimana (T2) riusciva ad alzarsi in piedi e a deambulare aiutato da un familiare (KI 60).

Dopo circa due settimane (T3), il controllo del dolore ci ha permesso di poter introdurre nello schema di assistenza domiciliare anche due sedute a settimana di fisioterapia per garantire una corretta mobilizzazione dell’arto, sia in maniera attiva che passiva; il KI in questa fase risultava essere di 70.

A 40 giorni dal primo incontro (T4), il piccolo paziente riusciva a deambulare in casa in maniera autonoma, eseguiva regolarmente fisioterapia senza alcuna manifestazione algica, e si diceva pronto per poter tornare a scuola ( KI 80).

Il grado di agitazione ed ansia risultava notevolmente ridotto e anche la fiducia e la predisposizione del piccolo nei confronti delle figure mediche risultavano molto migliorate, tanto che il soggetto affrontava ogni medicazione dei siti chirurgici in maniera serena e disinteressata, in quanto distratto dal video gioco elettronico.

Durante i controlli, non sono stati riscontrati effetti collaterali degni di essere associati alla terapia impostata.

Discussione

La condizione psicologica che una dismetria degli arti inferiori può determinare in un bambino in età pediatrica è certamente molto complessa, se considerata alla luce di tutte le limitazioni che essa impone nel corretto sviluppo psicomotorio del soggetto.

Il metodo di Ilizarov certamente riesce a ripristinare in maniera efficiente la funzionalità dell’apparato osteo-arto-muscolare compromesso, ma accettare la presenza dell’apparecchio come sistema di correzione di una menomazione con tutte le attenzioni che esso comporta, è cosa non facile in età pediatrica. Il bambino, infatti, oltre che con la propria condizione dovrà confrontarsi anche con i propri coetanei, con i quali non potrà sicuramente avere un rapporto alla pari, deturpato in queste condizioni dalla presenza di un “oggetto estraneo” relativamente ingombrante e poco adatto per il gioco.

A tutto questo deve aggiungersi anche l’aspetto del dolore legato al fissaggio osseo dell’intero sistema, ai traumatismi accidentali, alle medicazioni e alle eventuali manovre fisioterapiche che questo apparato di fissazione esterna causa al piccolo paziente.

Il trattamento della sintomatologia dolorosa risulta certamente necessaria e fondamentale, sia per quanto riguarda l’aspetto clinico del bambino, sia per quel che concerne la sua capacità di accettare un presidio imprescindibile per la cura della menomazione.

Un buon controllo della sintomatologia algica deve essere ottenuto con una terapia quanto più possibile adattata alle esigenze del piccolo paziente senza inficiare ulteriormente la sua qualità di vita. Dunque anche l’utilizzo dei farmaci analgesici e degli oppiacei deve essere estremamente oculato.

La nostra condotta terapeutica in questo caso ci ha permesso di ottenere un buon controllo del dolore garantendo al bambino una discreta analgesia durante le ore diurne e ristabilendo in maniera costante e progressiva nel tempo una buona fisiologia del ciclo sonno-veglia.

L’effetto sedativo di un oppiaceo debole come la codeina (3) può essere sfruttato per garantire una buona analgesia notturna, con l’intento di migliorare e rendere quanto più fisiologiche possibili le fasi del sonno, compromesse appunto dalla presenza del dolore.

Con la terapia proposta abbiamo cercato anche di ottenere, come obiettivo di non secondaria importanza, anche un certo recupero della sicurezza del bambino in sé stesso e nelle proprie capacità, grazie alla riduzione del suo stato di ansia e di agitazione; il piccolo paziente infatti risultava molto spaventato dal poter provare ancora dolore qualora avesse ripreso, per quanto possibile, le normali attività della vita quotidiana.

Conclusioni

Il dolore nel paziente pediatrico trattato con metodo di trazione ed allungamento osseo mediante apparecchio fissatore esterno circolare, secondo il metodo di Ilizarov, può rappresentare un capitolo di particolare interesse soprattutto per quel che concerne la gestione delle terapie domiciliare.

È lecito affermare che i bambini siano spaventati in generale dalle figure mediche ed il terrore che il camice bianco può generare in loro può rendere difficile ogni rapporto o tentativo di approccio terapeutico.

Assicurare invece una riduzione del dolore, e contestualmente dello stato di agitazione ed ansia ad esso connessi, rende più facile condurre anche ogni altro apporto sanitario, come le medicazioni delle ferite chirurgiche e la fisioterapia, permettendo di stabilire anche un rapporto di fiducia tra il medico ed il bambino, che si presenterà più predisposto ad accettare gli interventi sanitari.

Distrarre con giochi le fasi più invasive di una medicazione o di un controllo terapeutico, facendo apparire il gioco (4) un premio per la compliance che il soggetto accorda al medico durante le manovre, anche dolorose, può rappresentare certamente un primo passo ai fini del buon successo terapeutico.

Tutto questo deve essere raggiunto attraverso il passaggio obbligato, a nostro avviso, di un controllo algico adeguato ed efficace che possa permettere di far recuperare al piccolo paziente, per quel che è possibile, le normali attività della vita quotidiana.

Questa condotta terapeutica si traduce, in conclusione, anche in un ripristino della funzionalità biomeccanica dell’arto e della fisiologia della deambulazione quanto più possibile vicina alla normalità.

APPENDICE

Funzionamento dell’apparecchio di Ilizarov

Per quel che concerne i principi di funzionamento di questa apparecchiatura, Ilizarov nel 1969, e successivamente Kojimoto nel 1988, dimostrarono come il callo derivato dall’allungamento sia organizzato istologicamente e orientato longitudinalmente nella direzione della distrazione dell’osso stesso. Young et al. ritengono che la progressione nella formazione e nella calcificazione del rigenerato osseo sia largamente influenzata dall’età del paziente e dalle caratteristiche preesistenti dell’osso. Il volume del callo iniziale disorganizzato dipende dalle condizioni periostali ed endostali ed è influenzato da fattori intrinseci (età, condizioni nutrizionali, malattie sistemiche, condizioni patologiche dello scheletro, diametro osseo, rapporto corticale midollare, posizione dell’osteotomia, pregressi interventi o patologie, tumori e vascolarizzazione del tessuti circostanti). Fattori tecnici, quali la velocità di allungamento e la rigidità del sistema di fissazione, influenzano la maturazione e la corticalizzazionedel callo (1).

L’apparecchio di Ilizarov è un sistema di fissazione ossea distinto dai fissatori esterni assiali, in quanto, prima di essere applicato, deve essere messo a punto dal chirurgo in relazione al tipo di trattamento desiderato, valutando non solo le dimensioni del segmento da trattare, ma tenendo conto di numerose altre variabili.
Molti chirurghi considerano il fissatore di Ilizarov il solo fissatore “elastico”, “dinamico”, mentre l’elasticità e la dinamicità sono una caratteristica intrinseca di tutti i fissatori e rispecchiano le caratteristiche della connessione tra ossa e fissatore. Per esempio, tutti i fissatori, ove la connessione osso-apparecchio giaccia su una medesima linea, come nei fissatori assiali, presentano dei movimenti “dinamici o elastici” che, data la configurazione, si riflettono sull’osso come movimenti di compressione ma anche di angolazione, movimento, quest’ultimo, che, secondo numerosi studi, è stato definito come “parassita” e quindi influente in maniera negativa sulla guarigione dell’osso.
L’apparato di Ilizarov ha il vantaggio, rispetto agli altri fissatori ossei di minimizzare i movimenti “parassiti” (angolazioni e rotazioni), senza eliminare un certo stimolo elastico che sull’osso possa favorire il riparo della eventuale lesione.
La stabilità e l’effettivo buon funzionamento dell’apparecchio sono assicurate dalla solidità del sistema fissatore connessione-osso, che deve rispettare le seguenti caratteristiche: rigidità nel montaggio, connessioni tra apparato e osso e  stabilità intrinseca (o interna) del segmento trattato

In genere il sistema è costruito con acciaio di spessore 6 millimetri, considerato ideale per la realizzazione di tale apparato grazie ad un ottimo rapporto leggerezza-rigidità-costo. Il sistema si compone di semianelli di fibra di carbonio dello stesso diametro chepresentano una sufficiente rigidità al carico.
Il diametro degli anelli deve essere inversamente proporzionale alla rigidità della costruzione ed è quindi necessario favorire diametri minori cercando sempre di tener presente l’evenienza che i tessuti molli dell’arto su cui il sistema viene montato possono andare in contro a edema, pertanto è necessario mantenere sempre una certa distanza tra gli elementi costitutivi del sistema; tale distanza è in genere di circa 2-3 cm. La stabilizzazione del segmento fissato in genere deve essere garantita da un numero congruo di anelli. Il numero delle connessioni viene in genere stabilito in un numero di 4 elementi. La lunghezza delle connessione contribuisce invece a definire e completare la stabilità del sistema che sarà inversamente proporzionale alla lunghezza stessa delle connessioni, fermo restando in caso di allungamento la necessità di effettuare un’osteotomia.
Un’influenza sulla stabilità del montaggio viene data anche dal tipo di connessione tra i vari anelli; per esempio, un blocco di due anelli connessi tra loro con boccole esagonali è molto più stabile di un blocco ove si usino astine filettate o astine filettate con rondelle coniche ove, oltre ai movimenti angolari parassiti degli anelli tra di loro, si può pure osservare un movimento di rotazione reciproca degli anelli.
Per quel che concerne la connessione agli elementi ossei, il diametro dei fili è direttamente proporzionale alla stabilità del montaggio, ovvero,a un maggiore diametro, corrisponde una maggiore stabilità.
Normalmente, nelle persone adulte i fili sono del diametro di 1,8 mm., mentre nei bambini o negli avambracci di adulti, tale
diametro si riduce a 1,5 mm.
Anche il numero dei fili, per ogni anello, può incidere in maniera direttamente proporzionale sulla stabilità dell’apparato. L’elemento minimo, nella configurazione con fili, è di 2 fili per anello. La tensione dei fili è direttamente proporzionale alla stabilità e normalmente, per fili di diametro 1,8, si aggira attorno ai 130 kg, mentre per i fili da 1,5 mm è di 110 kg; tensioni minori devono essere applicate a semianelli o ad anelli 5/8 (max 50 kg). Per quanto riguarda l’incrocio dei fili, la configurazione migliore è di 90° tra un filo e l’altro.

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Bibliografia

1. Hamanishi C, Yasuwaki Y, Kikuchi H et al. Classification of the callus in limb lengthening. Radiographic study of 35 limbs. Acta Orthop Scand 1992; 63: 430-433.

2.  Ostiak W, Koczewski P. Pain intensity in patients treated by the external fixation. Chir Narzadow Ruchu Ortop Pol 2009; 74(4): 228-32.

3. Le May S, Gouin S, Fortin C, Messier A, Robert MA, Julien M. Efficacy of an Ibuprofen/Codeine Combination for Pain Management in Children Presenting to the Emergency Department with a Limb Injury: A Pilot Study.  Emerg Med 2013; 44(2): 536-542.

4. Ali S, Drendel AL, Kircher J, Beno S. Pain management of musculoskeletal injuries in children: current state and future directions. Pediatr Emerg Care 2010; 26(7): 518-524.