Il dolore: atteggiamenti e comportamenti a confronto

Introduzione

La gestione del dolore è stata classificata come una priorità in campo sanitario, ma continua a essere affrontata in modo inadeguato a causa di una complessa interazione di fattori medici, legali, socio-economici, spirituali, attitudinali e di conoscenza (1). La valutazione del dolore è parte integrante della valutazione infermieristica, rappresenta il quinto parametro vitale (2) ed è l’unico, rispetto ai tradizionali (pressione arteriosa, frequenza cardiaca, temperatura, frequenza respiratoria) che viene descritto in primis dal paziente, in termini di intensità e di interazione con le attività di vita quotidiana.
Una giusta rilevazione e valutazione giornaliera è essenziale per fornire un trattamento appropriato, e per non rischiare di sottovalutarlo o di non trattarlo adeguatamente.
Il dolore acuto non valutato o misurato scorrettamente, può limitare la mobilità e produrre conseguenze patologiche riferibili a polmoniti, trombosi venose profonde, con ritardi dei tempi di dimissione. Nel caso si tratti di dolore cronico, questo può determinare limitazioni, esponendo il soggetto a potenziale disabilità, sia per cause legate alla sofferenza che alla riduzione della qualità di vita, caratterizzata da ansia, paura, depressione, incertezza, e suicidio.
Molti studi in letteratura dimostrano quanto gli infermieri e il personale sanitario possiedano conoscenze imprecise circa l’uso comune degli analgesici e dei relativi protocolli di somministrazione, le scelte farmacologiche, il rischio potenziale di dipendenza dall’utilizzo degli oppioidi (3) e la valutazione del dolore: l’inadeguata conoscenza dei principi utili per la gestione del dolore costituisce una significativa barriera all’effettiva identificazione, cura e management del dolore (4).
Con l’introduzione della legge 38 si auspicava un miglioramento della presa in carico del sintomo. Ma dopo alcuni anni dalla promulgazione emerge ancora un’inadeguata gestione complessiva del paziente con dolore in Italia e tale dato risulta purtroppo evidente anche in altre nazioni.
Secondo studi eseguiti dall’International Narcotics Control Board, per la maggior parte dei trattamenti di base, il consumo mondiale di oppiacei risulta inferiore rispetto ai livelli ritenuti necessari. In Italia, i dati raccolti dalle Nazioni Unite mostrano un incremento negli ultimi anni dell’utilizzo di oppiacei, anche se il nostro paese continua ad occupare uno dei gradini più bassi per quanto riguarda il consumo pro-capite.
L’utilizzo di morfina è considerato essenziale dall’OMS e rappresenta un indicatore di efficacia dei programmi di controllo del dolore. È bene sottolineare che è ancora diffuso il fenomeno dell’oppiofobia, che causa spesso errori di sottodosaggio determinando una “tolleranza precoce”, fornendo la falsa impressione di dover continuamente e inutilmente aumentare le dosi. Quanto agli effetti negativi dovuti al sovradosaggio degli oppioidi, questi sono farmacologicamente ben contrastabili, ma vi sono ancora preoccupazioni infondate relative soprattutto alla dipendenza, all’eccessiva sedazione e alla depressione respiratoria, che determinano un rifiuto del farmaco o un suo utilizzo a dosaggi troppo bassi.
Per raggiungere l’obiettivo di un’efficace gestione del dolore per una migliore soddisfazione del paziente, si deve garantire che gli infermieri e i medici abbiano conoscenze sufficienti per gestire adeguatamente il dolore e quindi sembra emergere la necessità di proporre una formazione per sensibilizzare maggiormente il personale rispetto a pregiudizi, a falsi miti e alla gestione di farmaci per il dolore (5). Sulla base di diversi studi, si sostiene che gli operatori sanitari con una conoscenza di base più forte portano a una migliore gestione del dolore, a un miglioramento dei risultati e a una maggiore soddisfazione del paziente.
All’interno di questa premessa si colloca un’indagine descrittiva condotta nell’Ospedale U. Parini di Aosta che aveva lo scopo di “fotografare” la modalità di presa in carico del dolore correlando gli atteggiamenti degli operatori (medici e infermieri) alla gestione clinica e assistenziale rivolta agli utenti.

Materiali e metodi

Lo studio prevedeva due momenti:

  1. una raccolta di dati su:
  • pazienti (268) definiti eleggibili;
  • infermieri presenti nel turno;
  • cartelle cliniche e infermieristiche dei pazienti selezionati.

I dati raccolti riguardavano:

  • la valutazione soggettiva del dolore percepito dai pazienti selezionati;
  • la valutazione del dolore del paziente rilevato dall’infermiere;
  • la presenza in cartella infermieristica dei dati sulla rilevazione, valutazione e trattamento del dolore.
  1. un questionario sugli atteggiamenti, le conoscenze e le credenze nella gestione del dolore rivolto agli infermieri e medici dell’ospedale. Il questionario, composto da 21 items, prevedeva una risposta su scala Likert da 1 (assolutamente d’accordo) a 5 (assolutamente in disaccordo). Il numero dei questionari somministrati è stato di 289. Il totale dei questionari restituiti è stato di 271 (pari al 93%) di cui 169 infermieri e 99 medici.

Risultati e discussione

Dall’indagine emerge che il 60% dei pazienti (161) riferisce dolore. In particolare le cause possono essere ricondotte a: intervento chirurgico (45), trauma (31), dolore cronico non oncologico (27), dolore acuto non oncologico (23), procedure diagnostiche (17), tumore (10), parto (8), altro (22).
I pazienti hanno riferito una durata del dolore per il 33% inferiore ai 7 giorni, per il 19% da 7 giorni a 3 mesi e per l’11% superiore ai 3 mesi (Figura 1).

Figura 1- Durata del dolore riferito dai pazienti.
Figura 1- Durata del dolore riferito dai pazienti.

Consultando le prescrizioni farmacologiche risultava che solo il 47% aveva assunto analgesici nelle ultime 24 ore (pari a 126 pazienti), quindi si può ipotizzare che 34 malati non avevano una terapia antidolorifica.
I farmaci di prima scelta erano i Fans (85%), gli oppioidi venivano assunti dal 30% dei pazienti (9% come unica terapia e il 21% in associazione ai Fans) (Figura 2).

Figura 2- Tipologia analgesici assunti.
Figura 2- Tipologia analgesici assunti.

Quindi i dati confermerebbero una certa “prudenza” nell’utilizzo degli oppioidi nonostante le indicazioni dell’OMS. Questo atteggiamento sembrava inoltre confermato anche da un 40% degli operatori che non aveva un’opinione “precisa” (nella scala Likert valore 3) rispetto alla dipendenza ai farmaci (in particolare riguardo alla convinzione che la richiesta di quantità crescente di farmaco, l’utilizzo di analgesici a orario fisso e la presenza di momenti di euforia del malato potessero associarsi a un fenomeno di dipendenza al farmaco).
Considerando i dati sulla valutazione del dolore, secondo gli operatori i pazienti a non provare dolore erano 166, mentre i pazienti che non riferivano dolore erano 144. Emerge una discrepanza tra il numero dei pazienti che riferivao assenza di dolore e l’attribuzione del valore 0 da parte degli infermieri (22 utenti).
Nel confrontare l’intensità del dolore riferita dal paziente e percepita dall’infermiere nelle 24 ore, sembra vi sia una differenza nei punteggi con attribuzione valori 8-9-10. Accanto a questi dati inoltre si rilevava che il 37% degli operatori intervistati riteneva che la propria valutazione del dolore del paziente fosse quella più fondata (Figura 3). In particolare, sono proprio gli infermieri (34%) che hanno tale convinzione. Interessante è rilevare che il 24% dei professionisti si colloca in una posizione neutrale rispetto al tema. Quindi, mentre in letteratura viene indicato come la valutazione reale del dolore sia quella riferita dal paziente, nella pratica l’atteggiamento è discordante.

Figura 3 – Valutazione dolore da parte degli operatori.
Figura 3 – Valutazione dolore da parte degli operatori.

Questo atteggiamento è confermato anche da un altro dato interessante sulla gestione del placebo: circa il 30% dei professionisti ritiene che “dare al paziente con dolore cronico un placebo è spesso utile per valutare se ha realmente dolore” (Figura 4).

Figura 4 - Utilizzo placebo.
Figura 4 – Utilizzo placebo.

Nell’analisi della documentazione infermieristica rispetto alla presenza di rilevazioni del dolore (60%) e di misurazioni con una scala (45%) nelle ultime 24 ore, si rileva che 15% delle rilevazioni non hanno una misura quantitativa (Figura 5). Tale modalità comporta una valutazione non completa e soprattutto non permette di effettuare una comparazione nel tempo rispetto all’ efficacia del trattamento. Questi dati sono in accordo con la letteratura che indica come spesso gli infermieri effettuano un accertamento del dolore personale e soggettivo. In assenza di strumenti utili alla valutazione il professionista prova a conciliare le espressioni del paziente con la propria intuizione e sensibilità. Ne consegue che spesso vi è una sottostima del dolore (6).

Figura 5 - Confronto segnalazione/misurazione con scala.
Figura 5 – Confronto segnalazione/misurazione con scala.

Quindi, riconoscere la presenza del dolore è la prima tappa nell’accertamento infermieristico e la sua documentazione permette di effettuare una valutazione degli interventi farmacologici attuati.
In generale l’indagine condotta ha permesso di evidenziare che nonostante una percentuale importante di pazienti (47%) siano trattati con terapia antidolorifica, permane un numero di utenti che riferiscono dolore ma non hanno farmaci prescritti. Inoltre, sembra che il pregiudizio verso l’oppiode non sia ancora del tutto “sfatato”. L’atteggiamento degli operatori appare per alcuni temi ancora confuso e questo può indicare un bisogno formativo specifico sugli aspetti della gestione del dolore.

 Bibliografia

1. Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, 19 Marzo 2010. “Disposizioni per garantire le cure palliative e alla terapia del dolore”. Serie Generale n. 65.
2. Legge 38/2010.
3. Ferrel BL, McCaffery M. Nurses’ knowledge about equianalgesia and opioid dosing. Cancer Nurs 1997; 20: 201-212.
4. Royal College of Physicians, British Geriatrics Society, and British Pain Society. The assessment of pain in older people: National guidelines. Concise guidance to good practice series. 2007; No. 8.
5. Lewthwaite BJ, Wheeler BJ, Milles J, Fedorowicz A. Nurses’ knowledge and attitudes regarding pain management in hospitalized adults. J Cont Ed Nurs 2006; 42(6): 251-257.
6. Bible D. Pain assessment at nurse triage: a literature review. Emergency Nurse 2006; 14: 26-29.

Utile anche la consultazione del Rapporto Nazionale OsMed Gennaio-Settembre 2014 sull’uso dei farmaci in Italia, a cura dell’Osservatorio Nazionale sull’impiego dei Medicinali. Roma: Agenzia Italiana del Farmaco, 2015. Disponibile online al link: http://goo.gl/fJtnaq