Oligoanalgesia, oppio-fobia e Legge 38/2010

La cura del dolore in Italia

In Italia la risposta assistenziale al paziente con dolore è ancora assai scarsa: la popolazione italiana presenta una prevalenza di dolore cronico del 21,7% (1). Il dolore è una patologia che colpisce milioni di persone, ma viene affrontata dai Sistemi Sanitari con un approccio caratterizzato dalla casualità: il 41% dei pazienti con dolore cronico dichiara di non aver ricevuto un adeguato controllo del dolore; ciò determina l’inefficacia e l’inappropriatezza dei processi di cura, con un conseguente peggioramento della salute ed incremento della spesa sanitaria (2). Una ricerca condotta nel 2007 dalla Regione Lazio, ha evidenziato ancora la scarsa attenzione al “problema dolore”, che si evince dalla frequente assenza di monitoraggio del sintomo, dall’utilizzo insufficiente di linee guida per il trattamento, dall’approccio monodisciplinare, dall’assenza di supporto psicologico e dalla mancata integrazione tra ospedale e territorio (3).

 

La legge 38/2010

Il 15 marzo 2010 è stata promulgata una legge innovativa per la tutela del paziente con dolore che garantisce l’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore, al fine di assicurare la qualità delle cure e la loro appropriatezza, il rispetto della dignità e dell’autonomia della persona umana. Le Strutture Sanitarie devono garantire un programma di trattamento individuale per il malato e per la sua famiglia, salvaguardando la qualità della vita in ogni fase della malattia.

Un punto fondamentale della legge è la valutazione sistematica del dolore: all’interno della cartella clinica devono essere riportate le caratteristiche del dolore rilevato, la sua evoluzione, le tecniche antalgiche ed i farmaci utilizzati. La legge favorisce l’attivazione e l’integrazione delle reti della terapia del dolore e delle cure palliative garantendo le risposte assistenziali su base regionale ed in modo uniforme su tutto il territorio nazionale. Inoltre, essa modifica il Testo Unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza (DPR 309 del 1990), semplificando la prescrizione dei farmaci oppiacei non iniettabili: ai medici del Servizio Sanitario Nazionale è consentito prescrivere tali classi di farmaci non più su ricettari speciali, ma utilizzando il semplice ricettario del Servizio Sanitario Nazionale. La legge prevede, inoltre, percorsi formativi per il personale sanitario allo scopo di garantire la diffusione della riforma (4).

La realtà dei fatti, in Italia e nel mondo

Dopo oltre due anni dalla promulgazione della legge, emerge ancora una inadeguata gestione complessiva del paziente con dolore, e tale dato risulta purtroppo evidente anche in altre Nazioni.

Secondo studi eseguiti dall’International Narcotics Control Board, infatti, per la maggior parte dei trattamenti di base, il consumo mondiale di oppiacei risulta inferiore rispetto ai livelli ritenuti necessari. Come risultato derivante dagli sforzi della comunità internazionale e dalla crescente consapevolezza della validità terapeutica delle sostanze in analisi, sono stati raggiunti, in realtà, sostanziali aumenti di consumo. Tuttavia, mentre i livelli di consumo sono aumentati in diverse parti del mondo, la maggior quota di aumento si è registrata in un numero limitato di Paesi, in particolare in tre Regioni: Europa, Nord America e Oceania. In altri Paesi il livello di consumo di oppiacei è rimasto stazionario o è addirittura diminuito (5).

La situazione in Italia appare ancora diversa: i dati raccolti dalle Nazioni Unite mostrano un incremento marcato negli ultimi anni dell’utilizzo di oppiacei nel nostro Paese, anche se, come dimostrano i dati presenti nel portale dell’Unione Europea, l’Italia continua ad occupare uno dei gradini più bassi per quanto riguarda il consumo pro-capite (6).

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, il corretto utilizzo di linee guida per un adeguato trattamento del dolore potrebbe migliorare tale situazione. L’utilizzo di morfina è considerato essenziale dall’OMS e rappresenta un indicatore di efficacia dei programmi di controllo del dolore (7).

Il fenomeno dell’oligoanalgesia

Il dolore rappresenta una tra le manifestazioni più importanti della malattia, erroneamente considerato un sintomo da sopportare stoicamente, la cui gestione non corretta o del tutto assente crea conseguenze fisiche, psicologiche e sociali molto importanti con un notevole impatto sulla qualità della vita del paziente. In Italia si evidenziano, in particolare, una sottostima ed una mancata valutazione globale del dolore, che alimentano il fenomeno dell’oligoanalgesia, inteso come un trattamento antalgico inadeguato e parziale.

Tale condizione è la conseguenza di una non appropriata risposta assistenziale alla persona con dolore, che si identifica in una disomogenea distribuzione a livello territoriale di una rete di strutture sanitarie e di assistenza domiciliare per la terapia del dolore e nella limitata formazione del personale sanitario per la gestione del dolore (8).

La cura del dolore è un diritto dell’uomo

Fortunatamente, negli ultimi anni, l’attenzione nei confronti del sintomo dolore è notevolmente aumentata a tutti i livelli dell’organizzazione Sanitaria, ed è maturata la consapevolezza della necessità di valutare e trattare in maniera rapida ed adeguata la sintomatologia dolorosa, indipendentemente dalle sue cause. La cura del dolore è un diritto di ogni cittadino e questo principio basilare deve trovare applicazione sia sul territorio che nelle strutture ospedaliere: gli obiettivi auspicabili affinché ciò si realizzi sono la valutazione e la misurazione dell’intensità del dolore e l’aumento del consumo di oppioidi, sul cui impiego, nel nostro Paese, gravano ancora numerosi pregiudizi. La limitata somministrazione di oppiacei è collegata alla “oppio-fobia”: è quindi necessario cambiare l’approccio degli operatori sanitari nei confronti del dolore, promuovendo una stretta collaborazione/comunicazione tra medico – infermiere – paziente, e sviluppando una relazione in cui l’operatore sanitario mostri empatia nei confronti del paziente.

In seguito alla rilevazione dell’intensità del dolore è importante impostare prontamente la terapia: in un’ottica di implementazione della buona pratica assistenziale la corretta gestione del dolore deve prevedere rilevazioni standardizzate, necessarie sia per verificare l’efficacia della terapia, sia per monitorare eventuali effetti collaterali e sia per  permettere al medico di effettuare un’ulteriore valutazione e/o modifica della terapia e individuare e correggere eventuali criticità del percorso terapeutico.

L’importanza di una corretta terapia

Vi sono spesso errori dovuti a sottodosaggio che causano una “tolleranza precoce” e danno la falsa impressione di dover continuamente e inutilmente aumentare le dosi.

Quanto agli effetti negativi dovuti al sovradosaggio degli oppioidi, essi sono farmacologicamente ben contrastabili, ma vi sono ancora adesso preoccupazioni infondate relative soprattutto alla dipendenza, all’eccessiva sedazione e alla depressione respiratoria che determinano un rifiuto del farmaco o un suo utilizzo a dosaggi troppo bassi. La dipendenza, in particolare, è un fenomeno molto raro, reversibile e ben distinguibile dalla dipendenza psicologica compulsiva, tipica della tossicodipendenza vera e propria. Pertanto una buona conoscenza dei farmaci, della loro azione e delle loro interazioni può evitare interventi inefficaci e periodi troppo lunghi di non copertura.

Il corretto utilizzo dei farmaci, oltre a permettere il controllo del dolore, limita l’insorgenza degli effetti collaterali e contribuisce al contenimento dei costi. Questi obiettivi potrebbero essere raggiungibili attraverso programmi di formazione ed informazione mirati alla sensibilizzazione al “problema dolore” ed all’illustrazione degli strumenti più adeguati per la misurazione, il monitoraggio e il trattamento di questo sintomo, considerato ormai il 5° parametro vitale.

Il controllo del dolore è efficace non solo sull’outcome clinico, ma anche sulla risposta terapeutica della patologia di base. Trattare il dolore consente anche di prevenire invalidità secondarie e di ottenere un significativo miglioramento della qualità della vita (9). Una corretta valutazione del dolore è la conditio sine qua non per un trattamento efficace. La raccolta anamnestica deve porre particolare attenzione alle cause del dolore ed indagare sulla data di insorgenza, tipo, sede, irradiazione, durata e intensità. É inoltre indispensabile l’esame obiettivo che si potrà avvalere di indagini strumentali precedentemente effettuati e di eventuali esami ematochimici, neurologici e radiologici suppletivi, nonché della valutazione dello stato psicologico del paziente.

Il dolore viene abitualmente definito in base alla patologia a cui è associato come sintomo (dolore da cancro, dolore vascolare, ecc.) e valutato nella sua  intensità con l’uso di apposite scale valutative (VAS: Visual Analog Scale, NRS: Numeral Rating Scale, ecc). La conoscenza della componente fisiopatologica è indispensabile per garantire una stadiazione algica atta ad avviare procedure più idonee, sia per la prevenzione di patologie dolorose invalidanti, sia per la terapia antalgica in senso stretto, a prescindere dall’approccio terapeutico diretto verso la patologia principale.

L’utilizzo dei farmaci nei pazienti affetti da sindromi dolorose non ha solo il fine di lenire il dolore, ma, per quanto possibile, adiuvato da altre strategie terapeutiche, mira al raggiungimento di diversi obiettivi, primi tra tutti la guarigione e la prevenzione.

La guarigione è quel fine perseguibile ove la malattia è conseguenza di eventi lesivi determinanti fenomeni patologici a carattere flogistico, in cui l’uso dei farmaci permette non solo il controllo del dolore, che qui è prettamente un sintomo, ma la regressione dell’evento patogenetico. Lo stesso fine è perseguibile nelle Sindromi Dolorose Croniche, in cui l’evento eziologico prescinde dalla patogenesi della Sindrome che ha nel dolore l’evento determinante, sia per quanto attiene le caratteristiche cliniche che la prognosi invalidante.

Si parla di prevenzione quando l’uso corretto degli analgesici permette di prevenire l’instaurarsi della Sindrome Dolorosa Cronica, o comunque di limitarne la gravità, nell’ambito di una malattia che modifica sia l’organizzazione anatomo-fisiologica del Sistema Nervoso sia l’omeostasi immuno-endocrina. Si riconoscono una prevenzione primaria, che ha il fine di contrastare l’instaurarsi delle modificazioni citate, nonché delle reazioni neurovegetative modulate dal dolore, come ad esempio l’ipoossigenazione cellulare con incremento degli eventi critici cardiocircolatori, ed una prevenzione secondaria che mira, invece, a ridurre la limitazione funzionale che consegue alla patologia dolorosa e, quindi, a prevenire la degenerazione cronica automantenentesi (artrosi, flogosi, dolore, reazioni simpatico-mediate, blocco funzionale, incremento della degenerazione articolare).

L’iter terapeutico prescelto deve essere preceduto da una diagnosi della tipologia di dolore: una corretta stadiazione clinico-terapeutica deve considerare anche lo stato globale di salute del paziente ed assumere un carattere dinamico, specie nelle malattie degenerative ingravescenti (10).

Bibliografia

 

  1.  www.istat.it
  2. Breivik H, Collett B, Ventafridda V, Cohen R, GallacherD. Survey of chronic pain in Europe: prevalence, impact on daily life, and treatment. Eur J Pain 2006; 10: 287-333.
  3. IMS-MIDAS marzo 2011.
  4. Fanelli G et al. Dolore in Italia. Analisi della situazione. Proposte operative. Recenti Prog Med 2012; 103: 133-143.
  5. Report of the International Narcotics Control Boardon the Availability of Internationally Controlled Drugs: Ensuring Adequate Access for Medical and Scientific Purposes. International Narcotics Control.
  6. Il dolore cronico in medicina generale. Ministero della Salute, 2010.
  7. www.who.int
  8. Fanelli G et al. Dolore in Italia. Analisi della situazione. Proposte operative. Recenti Prog Med 2012; 103: 133-143.
  9. Alford DP, Liebschutz J, Chen IA, Nicolaidis C, Panda M, Berg KM, Gibson J, Picchioni M, Bair MJ. Update in Pain Medicine. Gen Intern Med, 23 (6): 841-845, 2008.
  10. Linee guida per il corretto uso degli analgesici nella terapia del dolore-Azienda Ulss 12 Veneziana.